Il Mare dei Liberi
La Libertà Non è Cambiare Padrone

Quando Sandokan torna a ricordarci che la fratellanza nasce solo tra esseri liberi

“La libertà non è un dono da ricevere, ma una conquista che inizia quando smetti di cercare un padrone.”

Nella nuova serie RAI Sandokan (2025), diretta da Jan Maria Michelini e Nicola Abbatangelo, l’avventura di Can Yaman diventa più di una storia d’azione: è un racconto sulla libertà, sull’uomo e sulla sua capacità di non piegarsi ai poteri che lo vogliono servo.

Un tema che attraversa filosofia, politica e spiritualità, e che si lega perfettamente alla visione di Controbattere – Oltre il Pensare: riportare l’essere umano al centro della propria esperienza.

Ci sono parole che restano incise come lame nel vento.
Sandokan le pronuncia con la calma di chi ha visto troppa ingiustizia per restare spettatore:

“Faisal una volta era uno schiavo. Afik era un ammutinato. Ming era un orfano.
Erano tre vagabondi e tuttavia salendo su questo Praho hanno trovato una famiglia che non ha mai chiesto il loro grado, né il colore della pelle, né quale dio pregassero.
Perché l’unica cosa in cui crediamo è la libertà.”

È un momento potente.
Can Yaman, con lo sguardo fermo e la voce che vibra come un giuramento, incarna un Sandokan che non combatte soltanto per vendetta o orgoglio, ma per un principio: la libertà non si eredita, si conquista. E quando la si conquista, non la si baratta più con nessuna catena dorata.

La Libertà come Stato Interiore

Non è un ideale astratto, né una bandiera da sventolare.
È una condizione del corpo e dello spirito che rifiuta la sottomissione.
Né i titoli, né le ricchezze, né le fedi imposte possono contenerla.
In questo, la serie RAI riesce sorprendentemente a evocare il respiro originario dei romanzi di Salgari: l’avventura come viaggio nella coscienza.

La Famiglia dei Liberi

Yanez (interpretato con eleganza da Alessandro Preziosi) diventa il contrappunto ironico e lucido di Sandokan: l’amico che non si inginocchia, ma che riconosce nell’altro la stessa fiamma. Lì nasce la vera fratellanza — non dal sangue, ma dalla volontà condivisa di non appartenere a nessuno.

“La libertà non è cambiare padrone. È smettere di averne bisogno.”

L’uomo libero, suggerisce questa scena, non è colui che fugge dall’autorità, ma chi si radica nella propria volontà, chi sa dire “no” senza odio e “sì” senza paura.
È un messaggio che oggi, immersi in sistemi che promettono autonomia mentre ci legano al consenso, suona come un richiamo antico e necessario

O credi nella libertà, o credi in un dio

Ed è qui che il messaggio di Sandokan si trasforma in qualcosa di più grande di una semplice avventura. Perché, alla fine, o credi nella libertà, o credi in un dio — e le due cose non possono convivere. Credere nella libertà significa riconoscere che la vita non ha bisogno di un padrone per esistere. Credere in un dio, invece, significa accettare che qualcun altro detenga il potere di decidere cosa è giusto, chi è degno, chi deve inginocchiarsi.

Credere nella libertà è porsi come principio attivo della propria esistenza.
Significa riconoscersi come fonte di azione, non come effetto di una volontà superiore.
L’uomo che crede nella libertà non attende salvezza, non delega la propria direzione, non si inginocchia davanti a un destino. Si pone come origine di ciò che accade — con responsabilità, presenza e coraggio.
Non cerca padroni da seguire, ma forze da far nascere dentro di sé.
E in questo, ogni sua scelta diventa un atto sacro, perché è scelta viva, non imposta.

Non è l’uomo ad essere invecchiato,
ma il modello sociale cristiano-capitalista in cui è stato educato a credere e a produrre.
Un modello che ha insegnato a chiamare “ordine” la sottomissione, e “virtù” la rinuncia alla propria volontà. Un modello che ha reso normale vivere in ginocchio davanti a un’autorità invisibile — che sia un dio, un mercato o una carriera — mentre la vera vita, quella che nasce dal corpo e dalla presenza, resta incatenata.

Al centro dell’uomo: Dio o Libertà

Ecco la scelta che attraversa ogni epoca, ogni società, ogni individuo: vuoi un mondo con al centro un dio padrone o un mondo con al centro la libertà?

Sandokan non è soltanto un eroe che combatte con la spada,
ma un simbolo di questa scelta eterna: quella fra l’obbedienza e la volontà.
Fra chi ha bisogno di essere salvato, e chi decide di salvarsi da sé.
Fra chi attende una ricompensa, e chi crea la propria direzione.

La libertà, allora, non è un sogno romantico o un privilegio,
ma una costruzione quotidiana della coscienza.
E chi sceglie la libertà non cerca più un dio che lo protegga,
perché ha scoperto che il divino vive dentro la sua stessa capacità di dire "io voglio!"

“Chi mette Dio al centro della vita diventa servo del cielo; chi mette la libertà, diventa parte del mondo.”

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