Oltre il Pensiero: Quando una Parola Ti Rivela Chi Sei Veramente
“Quando capisci che era solo una parola, non la subisci più.
Inizi a vedere chi, dentro di te, le dava potere.”
Il Richiamo dell’Inconscio
Ti trovi immerso nei tuoi pensieri.
Forse stai camminando, forse sei in metro, in macchina o in un bar.
Intorno a te, voci e rumori si mescolano in un brusio qualunque.
Non presti davvero attenzione, finché — improvvisamente — una parola attraversa l’aria e ti colpisce. Una parola semplice, ma capace di scuoterti dentro, come se qualcuno avesse premuto un interruttore nascosto.
Una semplice parola, forse nemmeno indirizzata a te, ti colpisce come un pugno allo stomaco. Una scossa improvvisa. Un’onda di paura, ansia, o forse solo un disagio inspiegabile.
La mente razionale subito si attiva:
“Ma perché? Che cosa significa quella parola? Perché mi ha turbato quando era solamente una parola?”
Cerchi spiegazioni logiche, ma non funziona.
Perché il punto non è la parola.
Il punto è ciò che la parola ha risvegliato dentro di te.
“Quando impari a distinguere la parola dal significato che le hai dato, inizi a capire davvero cosa stai sentendo.”
L’Inganno del Controllo
Viviamo con l’illusione di essere padroni di noi stessi.
Pensiamo di controllare le nostre vite perché decidiamo cosa mangiare a colazione, quale strada prendere per lavoro, cosa dire in riunione.
Ma poi accade l’imprevedibile:
una parola casuale ci getta nello scompiglio.
Una persona che ci intimidisce ci fa sentire piccoli.
Un ricordo inaspettato ci ruba la serenità.
Ecco la verità scomoda: nelle reazioni automatiche che governano la nostra vita emotiva, non siamo affatto al comando. Siamo come capitani che credono di dirigere la nave, mentre in realtà sono ostaggi dei venti e delle correnti dell’inconscio.
La Scoperta Radicale: Non Sono Loro, Sei Tu
C’è un momento di svolta, un attimo di lucidità rara, in cui comprendi una verità che cambia tutto:
non è l’esterno la causa del tuo malessere, ma ciò che già alberga dentro di te.
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Quella persona non ti fa sentire inadeguato — tocca un’insicurezza che già possiedi.
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Quella parola non crea la tua paura — risveglia una paura che già dormiva dentro di te.
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Quella situazione non causa la tua ansia — attiva un’ansia che già ti appartiene.
È un passaggio cruciale:
smetti di vederti come vittima del mondo esterno
e inizi a riconoscerti come il campo in cui tutte queste esperienze accadono.
“Capire non significa pensare di più, ma vedere che la parola non è la ferita: è solo l’eco di ciò che vive dentro di te.”
La Formica e il Segreto dell’“Allora!”
Nelle antiche tradizioni spirituali, esiste una tecnica sorprendente che illumina questo meccanismo.
Il mistico Osho la descrive così:
“Chiudi le porte dei sensi quando senti il solletico di una formica. Allora!”
Non è un esercizio fisico complicato.
È un rivoluzionario cambio di prospettiva:
Immagina di essere una statua di pietra.
Una formica ti sta solleticando la gamba, ma tu sei pietra.
Non puoi muoverti, non puoi reagire, non puoi scacciarla. Sei completamente immobile.
Cosa accade?
Il solletico c’è ancora, ma qualcosa è cambiato radicalmente.
Non sei più identificato con la sensazione.
La osservi a distanza.
Diventi il testimone, non la vittima.
Quel “Allora!” finale non significa “dopo averlo fatto a lungo, forse qualcosa cambierà.”
Significa: nell’istante stesso in cui succede, la trasformazione è già completa.
Comprendere davvero questa pratica non significa solo replicare un gesto o una tecnica meditativa. Per coglierne il senso profondo — quello che unisce il corpo, la mente e la volontà — è necessario aver letto e assimilato il pensiero espresso da Claudio Simeoni nel libro “La Stregoneria raccontata dagli Stregoni.”
In quelle pagine, la percezione del mondo non è un’astrazione, ma un’esperienza concreta in cui ogni sensazione diventa parte della costruzione di sé. Solamente allora il gesto di chiudere le porte dei sensi smette di essere un esercizio e diventa un atto di potere.
Chiudi gli occhi e imita la pietra: non si oppone, non fugge, non trattiene. Rimane, semplicemente. La sensazione continua ad esistere, ma tu non ti identifichi con essa: sei il testimone che osserva senza essere toccato.
Le Porte Chiuse che Ti Liberano
Come si chiudono, concretamente, queste “porte dei sensi”?
Non serve isolarsi dal mondo o rifugiarsi nel silenzio di un ashram.
Puoi farlo proprio nel momento in cui la reazione ti travolge.
Quando arriva — una parola che ti spaventa, un gesto che ti punge, un tono che ti ferisce —
fermati un istante.
Non reagire, non giustificarti, non spiegarti nulla.
Fai solo un respiro e riconosci ciò che senti.
“Ah… quanta paura mi fa questa parola.”
Non è la parola a farti male.
È il significato che le hai dato, l’eco che risuona dentro di te.
E proprio lì, dove la paura si manifesta, si apre anche la possibilità di liberartene.
Quindi non sono le parole, le persone o gli oggetti a generare disagio. È la fretta inconscia — quell’impulso automatico e animale — di riempire subito di significato ciò che percepiamo. È il bisogno compulsivo di spiegare, difendersi, reagire, invece di sentire e lasciare che il significato emerga da solo.
Chiudi gli occhi e immagina di avere la stabilità di una pietra.
Non sei rigido, ma radicato!
La sensazione c’è ancora, ma non ti trascina più:
rimani presente, come una roccia che sente la pioggia ma non la teme.
Non c’è più nulla da analizzare o da controllare.
Lascia che tutto resti com’è, finché dentro di te si fa silenzio.
È in quel silenzio che accade la magia:
ti separi dalla reazione.
E scopri che la libertà non arriva fuggendo dalle emozioni,
ma restando presente mentre si dissolvono.
Il Paradosso del Controllo
Ecco il segreto più profondo: per diventare veramente padroni di sé stessi, bisogna prima arrendersi all’evidenza di non esserlo.
Finché cerchi di controllare ogni reazione, ogni emozione, ogni pensiero, stai lottando una battaglia persa in partenza. Stai usando la mente per controllare la mente — è come cercare di sollevarsi da terra afferrandosi i capelli.
La vera padronanza arriva quando smetti di identificarti con il controllore
e diventi pura presenza testimone.
La Pratica nella Vita Quotidiana
Non serve aspettare una formica che ti solletichi.
Ogni momento di disagio è un’opportunità.
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Se una parola ti turba: invece di analizzarne il significato, chiudi gli occhi per un istante e senti le sensazioni fisiche senza giudicarle.
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Se una persona ti intimidisce: riconosci che non è lei a creare il tuo disagio, ma sta toccando un’insicurezza preesistente. Osserva questa insicurezza come faresti con un oggetto interessante.
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Se l’ansia arriva: non combatterla. Accoglila come un ospite temporaneo.
Diventa la stanza in cui l’ansia soggiorna, non l’ansia stessa.
Oltre la Paura, Oltre il Sé
Quella parola che ti ha spaventato non era un nemico.
Era un maestro.
Ti ha mostrato dove eri ancora addormentato, dove ancora credi di essere le tue reazioni automatiche.
Ogni volta che riconosci questo meccanismo,
ogni volta che chiudi le porte dei sensi anche solo per un respiro,
stai compiendo un atto rivoluzionario:
stai reclamando la tua vera natura.
Non la natura di chi controlla, ma la natura di chi osserva.
Non la natura di chi reagisce, ma la natura di chi presenza.
Non la natura del personaggio nella storia, ma la natura dello schermo su cui la storia viene proiettata.
L’Antica Promessa
La prossima volta che una parola, una persona o una situazione ti turberà, ricorda:
non è un problema da risolvere.
È un’opportunità per ricordarti chi sei veramente.
L’antica promessa è vera:
quando smetti di essere il burattino delle tue reazioni,
scopri di essere sempre stato il burattinaio.
E il burattinaio non ha paura dei suoi burattini.
“Non c’è più nulla da controllare,
c’è solo da riconoscere chi sta guardando.”
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