Il Crogiolo del Potere
Occidente e Oriente: La Politica delle Fedi e l’Equilibrio delle Forze

Nel mondo moderno le alleanze non si reggono sui sentimenti, ma sulla convergenza delle necessità. La fede è solo la maschera con cui il potere si adatta.

Due civiltà, due visioni del mondo

Da secoli, il mondo è attraversato da una frattura sottile e profonda: Occidente e Oriente.
Non è solo una differenza geografica, ma una differenza di coscienza collettiva.

L’Occidente è figlio del cristianesimo, dell’idea di un Dio che crea il mondo dall’esterno e lo governa dall’alto, come un sovrano che concede grazia o punizione.
L’Oriente, e in particolare il mondo musulmano, vive invece l’esperienza di un Dio che è ovunque, non esterno alla realtà ma immanente ad essa — un ordine cosmico in cui la volontà umana si piega al destino, alla necessità, all’adattamento.

Due modelli diversi di percepire il potere:

  • uno, verticale e gerarchico, in cui il comando scende dall’alto;

  • l’altro, circolare e adattivo, in cui la legge si manifesta dentro il movimento stesso della vita.

La fede come radice politica

Ogni religione genera una forma politica.
Il cristianesimo ha creato lo Stato verticale, l’idea del centro, della capitale, dell’autorità che parla a nome di tutti.
L’islam, invece, ha costruito una rete di centri multipli, in cui il potere si diffonde, si moltiplica, si adatta: dalle dinastie alle tribù, dalle confraternite religiose ai moderni Stati nazionali.

Per questo, l’Occidente tende al controllo; l’Oriente, alla sopravvivenza.
L’Occidente vuole plasmare il mondo secondo la propria idea di ordine;
l’Oriente vuole durare dentro il disordine.
È la differenza tra chi teme di perdere il potere e chi ha imparato a rigenerarlo.

Il potere come adattamento, non come principio morale

Il potere non si riconosce dai suoi amici o nemici, ma dai suoi adattamenti.
In politica internazionale, la fedeltà non esiste: esiste la necessità.
Le alleanze non si reggono sui sentimenti, ma sulla convergenza delle forze.

L’Arabia Saudita, ad esempio, non è “nemica” di Israele — e non è nemmeno sua alleata.
È un Paese che ha compreso una verità antica: nel Crogiolo del potere, la forza non è mai fedele, è sempre necessaria.
Oggi Riad collabora con Israele in silenzio, per interesse economico e tecnologico, ma sostiene la causa palestinese per legittimarsi davanti al mondo arabo.
Si muove come un organismo che cambia pelle per adattarsi al clima politico.

L’apparente contraddizione è la sua forza:
può allearsi con Washington e contemporaneamente con il Pakistan,
dialogare con Pechino e con Teheran,
perché non cerca amici — cerca equilibrio.

Il Pakistan: la colonna invisibile del mondo musulmano

Il Pakistan è un caso emblematico di questo principio.
Non è solo un Paese grande e povero, ma una potenza nucleare, l’unica nel mondo islamico.
È la colonna invisibile dell’equilibrio musulmano mondiale,
il garante silenzioso che assicura al mondo islamico una deterrenza atomica contro l’egemonia di India e Israele.

Eppure, non appare mai come protagonista.
Sta dietro le quinte, come quelle forze che Simeoni direbbe “non appaiono ma determinano”.
È un Paese nato nel caos, sopravvissuto tra guerre, crisi economiche e pressioni occidentali, ma ancora in piedi perché si adatta, come una forma d’acqua che trova sempre un nuovo contenitore.

La strategia saudita: l’ombrello del Pakistan

Quando nel 2025 l’Arabia Saudita si è messa sotto l’ombrello nucleare del Pakistan, ha mostrato al mondo un gesto che vale più di mille dichiarazioni.
Ha detto agli Stati Uniti: “Non siamo più vostri dipendenti.”
E pure a Israele: “Non vi combattiamo, ma non ci pieghiamo.”

È la politica dell’adattamento: non schierarsi per fede, ma per sopravvivenza.
L’alleanza con Islamabad non nasce da affinità spirituale, ma da una convergenza di vulnerabilità.
Riad ha il petrolio, il denaro e i luoghi sacri;
il Pakistan ha le armi, gli uomini e la forza atomica.
Insieme formano una barriera, non ideologica ma geologica, contro il dominio di chi vorrebbe controllare il Medio Oriente.

L’Occidente cristiano e la paura del declino

L’Occidente, invece, si aggrappa ancora all’idea di un ordine morale: il bene e il male, la democrazia contro la tirannia, la civiltà contro la barbarie.
Ma dietro le parole sacre si muove lo stesso principio che guida l’Oriente: l’interesse travestito da valore.

L’Europa e gli Stati Uniti si presentano come difensori della libertà,
ma ogni loro intervento militare, ogni sanzione, ogni alleanza,
è una mossa dentro la logica della sopravvivenza economica.

L’Occidente, nato cristiano, continua a pensare in termini di salvezza e colpa:
chi non si adegua al suo modello diventa peccatore,
chi lo segue viene premiato.
Ma il mondo non è più disposto a credere in queste parabole.

L’Oriente, più antico e meno ingenuo,
non cerca salvezza, cerca continuità.
E proprio per questo, oggi, sta vincendo.

La religione come sceneggiatura del potere

Cristianesimo e Islam non sono in guerra:
sono due linguaggi del potere,
due modi diversi di dire la stessa cosa:
“Voglio durare, e per farlo devo convincerti che la mia forma di ordine è la tua.”

Le chiese e le moschee, come le ambasciate e i palazzi,
sono solo teatri diversi della stessa sceneggiata.
Dietro, il potere si muove come una corrente che non riconosce confini,
e usa le fedi come vele per navigare nel vento del tempo.

Il nuovo equilibrio

Il mondo che emerge oggi non ha più confini tra fede e politica.
Gli Stati agiscono come individui in un crogiolo collettivo,
spinti non da ideali, ma da necessità di esistere.

Il potere moderno non ha patria,
ma si nutre della capacità di adattarsi a ogni contesto:
un giorno amico, il giorno dopo neutrale, il giorno dopo ancora avversario.
Chi resta fermo nella coerenza dei sentimenti — come l’Occidente —
si spegne.
Chi accetta il mutamento — come molte potenze orientali —
continua a vivere.

La legge del Crogiolo

Nel Crogiolo del Potere, nessuna forza è fedele a se stessa.
Si trasforma per continuare a esistere.
L’Occidente cerca la verità eterna, l’Oriente cerca l’equilibrio temporaneo.
E in un mondo che cambia ogni giorno, vince chi si adatta, non chi predica.

“Le alleanze non sono matrimoni d’amore, ma equilibri di necessità. La forza non giura fedeltà a nessuno: segue la vita, non la morale.”

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