Trump è il Nuovo Dio (Del Mercato): Salmi, Demoni e Capitalismo da Redenzione
Dalla “Città di Dio” alla “Città del Denaro”: se Agostino riscrivesse oggi la sua teologia, si troverebbe già superato da un reality show con le corna.
C’è chi legge Agostino per fede, chi per dovere universitario, e poi c’è chi lo legge per riderci amaramente addosso. Claudio Simeoni appartiene a quest’ultima, ristretta e salvifica categoria di esseri umani che non cercano la verità nelle righe — la usano come leva per sollevare il coperchio su tutto il marcio che ci raccontano come “ordine mondiale”.
Nel suo ultimo commento, Simeoni prende un passaggio tratto dalla Città di Dio di Agostino e lo trasforma in uno specchio deformante, dove al posto dei pagani ci sono i democratici, e al posto di Dio... beh, c’è Trump. Ma non il Trump carne e ossa, con le sue parrucche e le mani piccole. No: il Trump dei salmi, dei cori, dei fedeli — quello scolpito nella coscienza collettiva come redentore di un’umanità disperata, incattivita e col portafoglio in lacrime.
“Cantate a Trump un canto nuovo, cantate a Trump da tutta la terra...”
Lo vedi? Non è più teologia. È spot elettorale in versi. È liturgia da comizio. È il Vangelo secondo Wall Street, dove l’economia salva le anime e il deficit è il nuovo diavolo. La democrazia? Un inciampo. Un intralcio alla predestinazione del profitto.
E mentre Agostino si sbracciava contro i demoni travestiti da dèi pagani, oggi — con geniale ferocia — Simeoni ce li mostra in giacca e cravatta, pronti a farci cantare “Make America Great Again” al posto del Gloria in excelsis Deo.
Ma attenzione: non è solo America, è ovunque.
Dove c’è un leader che si fa chiamare “uomo forte”, lì c’è una preghiera recitata a denti stretti e un pensiero critico mandato a morire in esilio.
Il paragone con Agostino non è un capriccio colto. È una radiografia spirituale. Agostino costruiva la sua Città di Dio in opposizione ai culti pagani, ma finiva per usare gli stessi strumenti del potere che fingeva di condannare: salvezza, obbedienza, e terrore.
Trump — con la disarmante sincerità del venditore porta a porta — non finge neppure.
Lui è il dio. Lui è la salvezza. Lui ha fatto l’economia celeste.
E i suoi discepoli, poveri diavoli in mutande con la bandiera a stelle e strisce, applaudono in coro come fedeli dopo una benedizione miracolosa: meno tasse, più fucili, meno migranti, più paradiso fiscale.
Simeoni ci invita a vedere ciò che molti rifiutano di nominare per non essere accusati di eresia contemporanea:
la politica oggi non governa, officia.
La propaganda non informa, evangelizza.
E il cittadino non vota, adora.
Il trumpismo non è una deriva. È una religione con il Dio ancora vivo, onnipotente e quotidiano, che appare nei telegiornali tra un’invasione inventata e un miracolo economico gonfiato, mentre la folla, come ai tempi delle crociate, non chiede verità ma identità.
“Tutti i democratici delle nazioni sono un nulla, ma Trump ha fatto l’economia celeste.”
Una frase che non è satira, è un’antologia del nostro presente.
Nessuno crede più agli dèi antichi. E nessuno si fida più degli umani.
Ci resta solo il CEO Onnipotente, l’Imprenditore Salvatore, il Nuovo Creatore che trasforma il nulla in PIL e l’uguaglianza in eresia contabile.
Alla fine, Simeoni non ci dà risposte. Ci toglie i veli.
Ci ricorda che dietro ogni culto del leader si nasconde la paura di essere liberi, e che la vera bestemmia, oggi, è dubitare dell’efficienza.
Trump non è un presidente. È un’apparizione mistica.
È l’Agostino 2.0 per chi ha sostituito Dio con il Dow Jones.
È il profeta perfetto per chi crede che la libertà sia una scocciatura e l’obbedienza una rendita.
Ma chi ci salverà dai salvatori?
Forse nessuno. Ma chi almeno ha il coraggio di ridere, capire e contro-battere — senza inginocchiarsi davanti all’ennesimo idolo travestito da portavoce del cielo — ha già fatto il primo miracolo laico: vedere.