Il Coraggio in Prima Classe

L’Occidente con la Coda tra le Bombe: Il Coraggio di Plastica nei Proclami di Guerra

Quando il coraggio è solo marketing militare e la ritirata si spaccia per strategia. Simeoni ci ricorda che la vigliaccheria ha sempre un buon ufficio stampa.

C’è una voce fuori dal coro che da oltre trent’anni sfida con una lucidità tagliente i dogmi religiosi, i miti della civiltà occidentale e i proclami dell’impero a stelle e strisce.
Non urla. Non fa carriera. Ma scrive.
Si chiama Claudio Simeoni, ed è un filosofo della Religione Pagana, uno stregone razionale che non lancia anatemi ma ragiona come un fisico.
E quando decide di parlare di guerra – e di vigliaccheria mascherata da strategia – lo fa con una precisione che dà fastidio a chi è abituato a parole vuote e uniformi stirate.

In un suo recente intervento sul ritiro americano dall’Afghanistan, Simeoni non si è limitato a raccontare i fatti – quelli li trovi ovunque. Lui li smonta. Come chi guarda una statua, nota una crepa, e infila la leva giusta per far crollare tutto il piedistallo. E lo fa con questa frase:

“I vigliacchi si riconoscono sempre.”

Una frase che non cerca approvazione. E neanche lo scontro.
Una frase che punta il dito, ma non contro chi ha paura – bensì contro chi vende la paura come coraggio, e il disastro come “ritiro strategico”.

Nel 2020, Donald Trump aveva già fissato per il 1º maggio 2021 la data del ritiro delle truppe americane dall’Afghanistan.
Biden, una volta salito alla Casa Bianca, ha semplicemente spostato la scadenza ad agosto. Ma non ha cambiato nulla nel copione: era già tutto deciso. E quel copione – miliardi di dollari, anni di addestramento, promesse di democrazia – si è sbriciolato nel tempo di una stagione televisiva.

“I meravigliosi guerrieri di Trump (e dell’Italia, della Germania ecc.) sono stati umiliati dai Talebani”, scrive Simeoni. E non è una provocazione: è un’osservazione clinica.

Perché? Perché mentre l’Occidente versava 131 miliardi di dollari per “ricostruire” l’Afghanistan, gran parte dei fondi andavano a un esercito fantasma: soldati addestrati a fare la guerra come la intendiamo noi, cioè con elmetto, uniforme, e comunicati stampa, ma non a difendere un territorio con radici, con sangue, con disperazione.

Ecco il punto di Simeoni: non basta buttare bombe e firmare contratti per diventare “portatori di libertà”. Soprattutto se, appena le cose si mettono male, torni a casa col sorriso finto, dicendo che era tutto previsto.

“Facile fare la guerra buttando bombe e nascondere il culo dietro l’oceano.”

È una frase brutale. Eppure è l’unica che descriva il comportamento dell’Occidente: coraggioso solo in video, eroico solo nei titoli di giornale, risoluto solo quando gli altri muoiono al posto tuo.
Un coraggio da remoto. Con il Wi-Fi buono e il pubblico garantito.

Il bersaglio non è solo Trump. Non è nemmeno la NATO.
Il bersaglio è quella menzogna strutturale che permette di raccontare la fuga come leadership, l’umiliazione come diplomazia, la disfatta come senso di responsabilità.

Simeoni non è un polemista. Non è uno di quelli che scrive post indignati.
È uno che non ci crede. Non ha mai creduto alla favola della superiorità occidentale, né alle bombe benedette, né alle guerre “giuste”.
E soprattutto, non crede a chi indossa il mantello del salvatore e scappa appena la sabbia si fa più calda delle promesse.

Il suo pensiero è spietato. Ma lo è proprio perché non vuole consolarti.
Non ti racconta che andrà tutto bene. Ti racconta che hai partecipato a una messinscena, che hai chiamato valori quello che era solo interesse, e che ora l’unica cosa che puoi fare – se vuoi davvero evolvere – è guardare in faccia la tua codardia storica.

Controbattere, in questo senso, non è dire "No!" più forte.
È riconoscere dove hai mentito.
È ammettere che le parole coraggio, onore, libertà, sono diventate etichette da supermercato geopolitico, e che chi non se le può permettere le paga con la vita.

Simeoni non è qui per dire “avevo ragione io”. È qui per ricordarti che, se continui a credere alle stesse bugie, anche la prossima guerra sarà tua.
Non perché la combatterai. Ma perché la racconterai male. Ancora una volta.