Il Trono del Monoteismo

Il Gioco Osceno dei Monoteisti: Servo, Tifoso o Soggetto di Diritto?

Il monoteismo non libera: fonda il più antico dei contratti di schiavitù.

C’è un paradosso feroce che attraversa la nostra storia: più si ignora la religione cristiana, più essa condiziona la vita delle persone. Come un veleno che lavora in silenzio, non ha bisogno di attenzione per continuare a intossicare; basta che nessuno lo denunci, basta che nessuno lo espella dal corpo collettivo. È questo il potere più subdolo del monoteismo: agire come un virus culturale che si replica anche quando credi di non averlo in corpo.

Affermare che qualcuno ha creato il mondo non è una verità filosofica, né una poesia metafisica: è la più brutale delle strategie politiche. Dichiarare che esiste un Creatore significa introdurre, alla radice stessa del reale, la figura del padrone. Il mondo, da dono vivente e da realtà in cui l’uomo cresce e si trasforma, diventa proprietà privata. E se il mondo appartiene a un padrone, allora gli uomini diventano servi. Servi senza diritti, servi che respirano in prestito, servi che non possiedono nemmeno se stessi.

Sant’Agostino d’Ippona, nel proclamare che un Dio monoteista ha creato il mondo, non stava componendo un’elegia spirituale. Stava firmando un contratto di schiavitù. La domanda vera da porsi non è se Dio ha creato, ma: che qualità di padrone ci viene imposto in questo atto di “creazione”? Chi è questo despota che rivendica l’universo intero come sua proprietà esclusiva, e con esso il diritto di stuprare la libertà, la dignità e la volontà degli uomini?

Ed è proprio qui che risuona l’immagine di Simeoni: “È ora di migrare, le bestie lasciano gli stazzi e vanno verso i mari.” Gli stazzi sono i recinti del monoteismo: luoghi chiusi dove gli uomini vengono nutriti di dogmi per restare docili. Migrare verso i mari, invece, significa uscire dal recinto, abbandonare la condizione di bestiame addomesticato, per riconquistare la libertà selvaggia dell’orizzonte aperto.

Dietro l’idea di “creazione” non c’è spiritualità, c’è un progetto di dominio. È la stessa logica della monarchia assoluta: un solo capo, un solo trono, un solo potere che riduce tutti gli altri a comparse. E quando i monoteisti proclamano questo, non stanno giocando a un innocente passatempo teologico: stanno giocando con la vita delle persone.

Ogni dogma, ogni croce issata sulle piazze, ogni predica che proclama “Dio creatore” è una manovra politica travestita da religione. È una colonizzazione dell’anima che trasforma i cittadini in sudditi, i soggetti in servi, gli uomini in tifosi pronti a combattere guerre non loro per difendere il potere del padrone che li opprime.

E tu, caro lettore, dove ti collochi in questa partita?
Vuoi essere servo, che abbassa la testa e aspetta l’elemosina dal cielo?
Vuoi essere tifoso, che applaude il proprio aguzzino come si applaude una squadra di calcio, illudendosi di partecipare a una vittoria che non sarà mai sua?
Oppure vuoi essere soggetto di diritto, che riconosce la truffa e spezza le catene del padrone invisibile?

Perché la vera domanda non è se un Dio padrone esiste. La vera domanda è: a che gioco vuoi giocare la tua vita?

Il monoteismo è monarchia: la macchina del potere che domina le coscienze.