Quattro voci, una realtà complessa

Nulla è separato: sicurezza, giustizia e spiritualità tra Orsini, Gratteri, Osho e Sadhguru

“Capire il nostro tempo significa ascoltare voci diverse: dalla durezza della giustizia alla leggerezza della meditazione.”

È curioso come i programmi televisivi e radiofonici italiani siano diventati il vero laboratorio della nostra epoca. Ci si ritrova a vedere in uno stesso studio un magistrato antimafia, un sociologo del terrorismo, e magari in collegamento dall’India un maestro spirituale che parla di meditazione. Apparentemente mondi lontani, in realtà fili intrecciati di uno stesso tessuto. Perché, a ben guardare, nulla è separato: tutto si tiene, tutto si connette.

E allora la domanda da cui partire è semplice: possiamo davvero capire la nostra società osservandola con un solo sguardo, o servono prospettive multiple, persino opposte, per non restare ciechi?

Orsini: lo sguardo sociologico sul terrorismo

Prendiamo Alessandro Orsini, sociologo che ha fatto della lettura del terrorismo una chiave d’accesso alla fragilità delle democrazie moderne. La sua esperienza di vita a Napoli, in un contesto segnato dalla criminalità, lo ha reso particolarmente sensibile al tema della sicurezza. Nei suoi interventi pubblici ringrazia spesso magistrati e carabinieri per il loro lavoro: un segno che dietro il professore accademico c’è anche l’uomo che ha visto la paura con i propri occhi.

In Anatomia delle Brigate Rosse. Le radici ideologiche del terrorismo rivoluzionario, Orsini ricostruisce i meccanismi che portano un individuo alla radicalizzazione. Lo fa con l’attenzione dello storico e la precisione del sociologo. Ma soprattutto lo fa ricordandoci che il terrorismo non nasce dal nulla: è figlio di idee, di condizioni sociali, di percezioni di ingiustizia.

La domanda diventa inevitabile: vogliamo combattere il terrorismo reprimendo solo le sue azioni, o dobbiamo imparare a leggerne le radici, per non essere sempre colti di sorpresa?

Gratteri: la lotta instancabile alla ‘ndrangheta

Poi c’è Nicola Gratteri, magistrato e procuratore, che da anni sfida apertamente la criminalità organizzata. Conosciuto per la sua fermezza, per la scorta che lo accompagna ovunque e per i processi titanici che ha istruito, Gratteri incarna l’altro volto della sicurezza: quello immediato, concreto, quotidiano.

In Fuori dai confini. La ‘ndrangheta nel mondo, racconta come questa organizzazione non sia più un fenomeno locale, ma una potenza economica globale. La sua analisi è spietata: la mafia prospera non solo per la sua forza militare, ma anche per le complicità della società civile. Chi chiude un occhio, chi tace, chi “fa finta di non sapere” è già complice.

Ecco perché Gratteri non è scomodo soltanto ai boss di ‘ndrangheta: le sue parole e le sue inchieste fanno tremare anche pezzi della politica, perché mostrano come il potere criminale non potrebbe esistere senza il sostegno silenzioso di chi occupa posizioni rispettabili.

E qui sorge una domanda scomoda: quanto siamo disposti a rinunciare alle nostre comodità pur di combattere davvero le mafie?

Osho: la provocazione della libertà

Sul versante opposto, nel panorama spirituale, spunta Osho. Figura controversa, amatissima e odiata, predicava la liberazione dai dogmi, la centralità della meditazione, la libertà sessuale e spirituale. In Il libro dei segreti, prende le tecniche di Shiva e le propone come strumenti per accendere la volontà e trasformare la vita.

Il suo linguaggio era quello della provocazione: scuotere, destabilizzare, rompere gli schemi. Non a caso, faceva paura a molti politici e leader religiosi, perché metteva in discussione i pilastri su cui si reggeva la loro autorità: famiglia, morale, religione e potere statale. Ovunque andasse, generava diffidenza, perché mostrava quanto fossero fragili le fondamenta delle istituzioni.

Alcuni lo accusavano di essere un manipolatore, altri lo considerano ancora oggi una fonte di rivelazioni personali. La verità è che Osho ci costringe a porci una domanda che raramente osiamo formulare: quanta parte della nostra vita è davvero scelta da noi e quanta è imposta da convenzioni invisibili?

Sadhguru: l’armonia del quotidiano

Più pacato, ma non meno incisivo, è Sadhguru, fondatore dell’Isha Foundation. In La gioia è alla portata di tutti propone una via accessibile alla spiritualità, fatta di yoga, meditazione e consapevolezza. Non servono ritiri in Himalaya né rinunce estreme: basta imparare a stare nel corpo, nel respiro, nella presenza.

A differenza di Osho, non cerca la provocazione ma l’armonia. La sua forza è pratica: cosa puoi fare oggi, nella tua quotidianità, per sentirti più in equilibrio? Non a caso, sportivi, artisti, politici e persino scienziati lo seguono.

E qui la domanda è immediata: se la spiritualità diventa un lusso da importare dall’India, non stiamo perdendo l’occasione di riconoscere che la gioia, davvero, è già a portata di tutti?

Un idraulico e un elettricista

Orsini e Gratteri, Osho e Sadhguru. Sembrano coppie impossibili, eppure hanno una funzione complementare. È come costruire una casa: serve l’idraulico per portare l’acqua, serve l’elettricista per dare la luce. Uno senza l’altro lascia la casa incompleta.

Così è per la società: senza analisi delle cause sociali del terrorismo, la repressione diventa cieca. Senza la repressione, la prevenzione resta lettera morta. Senza la provocazione che smuove le coscienze, la spiritualità rischia di fossilizzarsi in rituali vuoti. Senza la calma pratica che accompagna ogni giorno, la provocazione resta fuoco di paglia.

Nulla è separato

Il vero insegnamento che possiamo trarre dall’incontro di figure così diverse è semplice: nessuna prospettiva basta da sola. Abbiamo bisogno della voce dura di Gratteri, della lente sociologica di Orsini, delle provocazioni di Osho e della pacatezza di Sadhguru. Non per venerarli – perché non c’è e non esiste nessuno da venerare – ma per porci domande più profonde: come mai le loro voci, pur così forti, non penetrano nella società come prove scientifiche dimostrabili, ma restano spesso racconti che dividono più che unire?

Perché in fondo il cuore della questione è tutto qui:

  • quale sicurezza vogliamo, quella della repressione o quella della prevenzione?

  • quale spiritualità scegliamo, quella che scuote o quella che accompagna?

  • e soprattutto, sappiamo distinguere ciò che ci serve da ciò che ci viene imposto come verità assoluta?

Rifletti...

Alla fine, i dibattiti televisivi e radiofonici – tanto criticati – hanno un merito: ci ricordano che la società è un intreccio di voci, e che ridurre tutto a una sola spiegazione significa tradire la complessità del reale.

Non esistono eroi né maestri infallibili. Esistono strumenti, idee, provocazioni. Sta a noi usarli, come chi costruisce una casa: scegliendo se far passare l’acqua, accendere la luce, aprire le finestre.

L’illuminazione – sia spirituale che civile – non è un dogma che cade dall’alto, ma un processo fatto di scoppi, intuizioni, progressi e cadute. È la capacità di non fermarsi mai alla prima narrazione, fosse anche la più affascinante.

Perché nulla è separato, ma nulla deve diventare verità indiscussa.

“Non si tratta di seguire un maestro o un modello unico, ma di intrecciare prospettive per non addormentarci dentro una sola verità.”

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