Guarda Dove Stai Mettendo i Piedi
Questo non è un augurio che promette un nuovo inizio. È un augurio che rende visibile ciò che stai già attraversando. Perché il tempo non riparte mai da zero: continua, e ti trova sempre nel punto esatto in cui hai messo i piedi.
Questo testo è un augurio.
Ma non nel senso comune del termine.
Non augura felicità.
Non augura protezione.
Non augura che “vada tutto bene”.
È un augurio diverso.
Un augurio che non alleggerisce, ma posiziona.
Che tu veda dove stai mettendo i piedi.
Capodanno non è un evento
Capodanno non è una festa.
È una struttura.
Una convenzione temporale che, una volta all’anno, costringe l’individuo a fermarsi davanti a qualcosa che normalmente evita: la continuità delle proprie azioni.
Non ciò che è successo.
Non ciò che è mancato.
Ma ciò che è diventato inevitabile a partire da come si è vissuto.
Il calendario cambia.
La struttura no.
Ed è proprio in questo punto che emerge una figura antica, spesso ridotta a folklore, ma in realtà radicalmente incompatibile con il pensiero moderno anestetizzato: Giano.
Non come dio da celebrare.
Ma come dispositivo simbolico.
L’augurio come soglia
Nel linguaggio comune “augurare” significa desiderare qualcosa di buono per qualcuno.
Nel pensiero pagano, invece, l’augurio non è un desiderio.
È un atto di esposizione.
Augurare non significa dire “spero che”.
Significa dire “guarda”.
Per questo questo testo può stare a Capodanno senza tradire Controbattere:
non promette un nuovo inizio,
rende visibile il punto in cui ti trovi.
Questo è l’augurio:
non togliere peso,
ma rendere leggibile la direzione.
La soglia come dispositivo
Giano è il dio delle porte non perché protegga il passaggio, ma perché lo rende inevitabile.
Una porta non è un oggetto neutro.
È una frattura nello spazio.
Prima e dopo non coincidono mai.
Chi attraversa una soglia non è la stessa persona che vi si è fermata davanti.
Nel pensiero pagano la soglia non promette nulla.
Non consola.
Non assolve.
Espone.
L’esposizione come condizione trasformativa — e non come rischio da evitare — è la stessa logica descritta da Nassim Nicholas Taleb in Antifragile: i sistemi non evolvono perché vengono protetti, ma perché attraversano soglie che li costringono a diventare altro.
Espone l’individuo al fatto che ogni passaggio comporta una perdita e una direzione.
Espone al fatto che restare fermi è già una scelta, e che anche l’immobilità produce conseguenze.
Il tempo che non ricomincia
Il tempo moderno viene raccontato come ciclico solo per essere reso innocuo.
Capodanno serve a simulare un nuovo inizio senza che nulla debba davvero cambiare.
Nel pensiero pagano il tempo non ricomincia mai.
Continua.
Questa continuità non è una metafora: è la stessa struttura osservata da Nassim Nicholas Taleb ne Il cigno nero, dove gli esiti non dipendono dalle intenzioni dichiarate, ma dall’accumulo di azioni che, solo a posteriori, rivelano ciò che era già diventato inevitabile.
Ogni “inizio” è una prosecuzione orientata.
Ogni “fine” è una soglia già aperta.
Giano è bifronte non per ambiguità, ma per precisione strutturale:
un volto rivolto al passato che non giudica,
un volto rivolto al futuro che non promette.
Tra i due c’è il presente.
E nel presente non esistono scuse.
L’ascia bipenne e il centro dell’azione
Associata a Giano compare spesso l’ascia bipenne.
Non come arma, ma come schema dell’agire umano.
Le due lame non si oppongono.
Funzionano insieme.
Una lama guarda a ciò che è stato vissuto.
L’altra a ciò che potrebbe accadere.
L’asta centrale è l’essere umano che agisce ora.
Qui non c’è destino, né provvidenza, né disegno superiore.
C’è una relazione diretta tra esperienza accumulata e futuro costruito.
Non ciò che si pensa.
Ciò che si fa.
Il paradosso della speranza
Nelle religioni monoteiste il futuro è esterno all’individuo.
Viene affidato a una volontà superiore, a un disegno già scritto.
La speranza diventa una virtù perché sostituisce l’azione.
L’attesa diventa fede.
La sottomissione viene nobilitata.
Nel simbolo di Giano questo è impossibile.
Non esiste un futuro che arriva.
Esiste solo un futuro che viene prodotto.
E qui emerge il paradosso:
più si spera, meno si costruisce.
più si attende, più il futuro diventa estraneo.
Essere sempre all’inizio
Giano presiede agli inizi perché l’essere umano non esce mai dalla condizione di inizio.
Ogni gesto è l’inizio di qualcosa che non potrà essere annullato.
Ogni compimento apre un’altra soglia.
Ogni scelta modifica il campo delle possibilità successive.
Questo rende l’esistenza pagana strutturalmente instabile.
E proprio per questo, responsabile.
Non esiste redenzione finale.
Esiste solo la continuità delle conseguenze.
Capodanno come smascheramento
In questa prospettiva, Capodanno non è una festa.
È uno smascheramento.
Mostra ciò che è diventato irreversibile.
Mostra le direzioni che, volenti o nolenti, sono già state imboccate.
Non chiede bilanci emotivi.
Chiede lettura strutturale.
Che tipo di futuro stanno producendo le azioni ripetute?
Che tipo di individuo sta emergendo dalla continuità dei gesti?
Controbattere lavora qui
Controbattere – Oltre il Pensare non lavora sugli eventi.
Lavora sulle condizioni che li rendono inevitabili.
In termini sistemici, come mostra Donella H. Meadows in Thinking in Systems, non sono gli eventi a determinare il futuro, ma le strutture che li producono: cambiare una data modifica il calendario, non la direzione.
Questo testo è un augurio.
Ma non è un augurio che solleva.
Non è un rito.
Non è una celebrazione.
È una soglia resa leggibile.
Non dice cosa fare.
Non offre soluzioni.
Non promette trasformazioni.
Mostra una struttura:
che il futuro non è qualcosa che accade,
ma qualcosa che si produce mentre si attraversano le porte.
E sulla soglia non si chiede protezione.
Si prende posizione.
Che tu veda dove stai mettendo i piedi.
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