Il Solstizio d’Inverno non promette luce. La rende inevitabile.
SIAMO PEZZI DI SOLE

“Il punto non è che la luce torni.
Il punto è che ha smesso di diminuire.”

Il Solstizio d’Inverno rende la luce... inevitabile!

Il Solstizio d’Inverno viene spesso raccontato come un momento di passaggio, di speranza, di rinascita.
Ma questa lettura è già una semplificazione rassicurante.
Serve a chiudere il conflitto, invece di renderlo leggibile.

Nella visione che attraversa il lavoro e le parole di Claudio Simeoni, il Solstizio non è un evento da celebrare.
È una struttura dell’esistenza.

Non annuncia miglioramenti.
Dice: continua.

Il giorno più corto non è il problema

Il giorno più corto dell’anno è una condizione strutturale.
È una condizione strutturale.

La vita non si organizza per garantire luce continua.
Produce invece cicli di compressione, restringimento, gelo, attrito.
Non per punire.
Per trasformare.

Il paradosso è semplice e invisibile:
il momento in cui la luce è minima è anche quello in cui il ritorno diventa irreversibile.

Il punto non è il ritorno della luce,
ma l’arresto della sua diminuzione.

Questo è il punto che interessa.

È il punto che, nella riflessione di Claudio Simeoni, segna l’arresto della perdita, non l’inizio di una promessa.

Il Solstizio lascia intatti i giorni corti

Una delle fratture più nette di questa visione è il rifiuto della promessa.
Nessun rito, nessuna invocazione, nessuna celebrazione elimina i giorni corti dalla vita.

Ci saranno sempre:

  • giorni compressi

  • giorni opachi

  • giorni in cui il presente sembra non aprire nulla

Il Solstizio non serve a evitarli.
Il Solstizio serve a non farsi determinare da essi.

La differenza non è emotiva.
È strutturale.

Allungare i giorni non è avere più luce

“Allungare i giorni” non significa renderli più facili.
Significa non smettere di agire dentro di essi.

Un giorno è corto quando:

  • smette di generare decisioni

  • diventa pura reazione

  • si riduce a sopravvivenza

Un giorno si allunga quando:

  • il presente viene modificato

  • anche di poco

  • anche senza garanzie

Non è ottimismo.
È dinamica.

Andare verso l’indefinito

In questa direzione, come mostra Claudio Simeoni, il Solstizio non orienta verso un fine, ma rende abitabile il movimento.

Il cammino che emerge dal Solstizio non ha una meta chiara.
E questo è essenziale.

L’idea di un futuro definito serve a chiudere l’azione nel presente.
La promessa immobilizza.

Qui accade il contrario:
si cammina verso qualcosa che non è ancora determinabile,
ma che viene continuamente reso possibile dal modo in cui il presente viene attraversato.

Il futuro non precede l’azione.
Ne è il residuo.

Siamo pezzi di sole

Questa affermazione non è poetica.
È una presa di posizione ontologica.

Essere “pezzi di sole” significa essere processi in movimento.
Non essere identità da difendere.
Non essere forme da conservare.

Il sole non è mai uguale a se stesso,
eppure non smette di essere sole.

Così l’essere umano:

  • cambia

  • si consuma

  • si trasforma

ma non per perdita.
Per movimento.

Il Sole non è un rito.
È una dinamica!

Il rito non è il fuoco visibile

Una delle illusioni più diffuse è che il rito coincida con il gesto esterno.
Il fuoco, lo spazio, la forma.

Ma il rito reale è il significato incarnato, non la scenografia.

Un fuoco acceso in un appartamento, senza spettacolo, senza espansione,
può contenere più mondo di un grande falò vuoto.

Perché il fuoco che conta non brucia legna.
Brucia decisioni.

Le idee del mondo non si discutono

Un altro punto netto:
con le idee del mondo non si dialoga attraverso il pensiero astratto.

Le idee del mondo rispondono solo a:

  • emozioni incarnate

  • sentimenti vissuti

  • azioni ripetute

  • decisioni sostenute nel tempo

Non si crede alle idee del mondo.
Le si attraversa.

E solo attraversandole si scopre se reggono.

Perché questo non è sottomissione

Qui emerge la differenza radicale tra dominio e relazione.

Qui non c’è un Dio che governa.
Qui non c’è un principio che comanda.
Qui non c’è una verità che chiede obbedienza.

C’è un cammino in cui le forze del mondo vengono chiamate ad affiancare,
non a dominare.

Accanto, non sopra.
In relazione, non in gerarchia.

Questo è il punto che rende questa visione incompatibile con ogni forma di salvezza delegata.

Il Solstizio come struttura narrativa

È una struttura che Claudio Simeoni rende leggibile senza trasformarla in messaggio o insegnamento. Chi lavora con le storie riconosce subito la legge.

Il Solstizio d’Inverno non è il climax.
È il punto in cui il conflitto non può più essere rimandato.

Non accade nulla di eclatante.
Accade qualcosa di inevitabile.

Da qui in poi:

  • o il personaggio si trasforma

  • o resta fermo mentre il mondo si muove

E il mondo si muove comunque.

Il Sole non chiede celebrazione...

Chiede continuità!

La celebrazione del Solstizio non chiude un ciclo.
Lo rende operativo.

Non dice: ora sei salvo.
Dice: ora non puoi più fingere che nulla stia accadendo.

Perché anche nei giorni più corti,
anche nei periodi più compressi,
anche quando la luce sembra assente,

qualcosa ha già smesso di diminuire.

E questo basta.

Siamo pezzi di sole.
Non perché brilliamo sempre.
Ma perché la trasformazione non si interrompe.

“Il Sole non salva nessuno.
Continua.
E chiede a chi lo attraversa di fare lo stesso.”

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