“Non ho paura di te”

Orsini sfida il potere, Simeoni insegna a sfidare i fantasmi interiori.

“Il coraggio non è l’assenza della paura, ma la decisione di non lasciarsi comandare da essa.”

Una lezione sul coraggio extra-scientifico

Immaginate di essere in un’aula universitaria, con un professore che vi guarda sopra gli occhiali e vi dice:

“Guardate che io non ho nessuna paura di voi, so benissimo che state facendo delle pressioni su di me, ma proprio non ho nessuna paura di voi.”

Queste parole non le ha dette un filosofo medievale o un generale romano, ma Alessandro Orsini, in un dibattito politico contemporaneo. Ed è interessante prenderle sul serio, perché in quella formula si nasconde qualcosa che va oltre la scienza, oltre i dati, oltre la logica accademica: c’è un coraggio extra-scientifico, un atto umano che può insegnarci molto.

Che cos’è il coraggio extra-scientifico?

Un professore universitario può essere bravissimo a raccogliere fonti, fare ricerche, costruire modelli matematici o storici. Tutto questo rientra nella dimensione “scientifica”. Ma quando scende in campo contro i poteri forti, quando si espone pubblicamente, lì non basta più il metodo: serve il coraggio.

Il coraggio extra-scientifico non è misurabile in laboratorio. Non si fonda su numeri, ma sulla capacità di esporsi senza tremare, anche sapendo che si rischia di perdere cattedre, amicizie, appoggi. È la qualità di chi sceglie di stare in piedi anche quando sarebbe più conveniente inginocchiarsi.

Ed è curioso che lo stesso Orsini, nel suo libro Il rivoluzionario benestante. Strategie cognitive per sentirsi migliore degli altri, analizzi come le dinamiche del prestigio e del riconoscimento sociale influenzino i comportamenti umani. Qui, invece, con la sua frase, dimostra che la vera partita non è solo intellettuale, ma riguarda il coraggio concreto di non piegarsi.

Dall’Orsini all’Orso: il coraggio come parola-àncora

Ora facciamo un passo in più, e giochiamo un po’ con le parole.
Orsini pronuncia quella frase contro i politici che lo attaccano. Ma se al posto di un Orsini ci mettiamo un orso, cambia qualcosa?

  • Davanti a un politico: la frase è un atto comunicativo. Serve a mostrare agli studenti, ai cittadini, che non si ha paura.

  • Davanti a un orso interiore (un sogno, un incubo, un trauma): la frase diventa un’àncora. Ti radica, ti fa sentire meno preda.

  • Davanti a una ragazza che ti attrae: la frase diventa liberazione. Non significa sfidarla, ma liberarsi dall’ansia del suo giudizio.

È la stessa formula, ma con tre funzioni diverse: scudo pubblico, radice interiore, libertà personale.

La forza comunicativa e la forza percettiva

Qui si apre una distinzione che vale la pena sottolineare, anche da storici.

  • La forza comunicativa è quella delle parole che mostrano coraggio. È ciò che vediamo nei discorsi di Churchill durante la guerra o nei processi di Galileo: la capacità di dire anche sotto pressione.

  • La forza percettiva, invece, è quella del silenzio interiore. È l’arte di sospendere il dialogo interno, come direbbe Claudio Simeoni nel suo libro Il Crogiolo dello Stregone, dove la sospensione del dialogo interno è descritta come l’arma per affrontare l’ignoto e trasformare la paura in volontà.

Con gli uomini, con i politici, con la società serve comunicare.
Con i fantasmi interiori, con gli orsi dei sogni, serve tacere e percepire.

Scetticismo e Narrazione

Come ricorda Claudio Simeoni ne Il Crogiolo dello Stregone, lo scetticismo è la forza che ti fa dire “il re è nudo”: è il dubbio che salva dall’inganno, l’atto che rompe l’incantesimo delle narrazioni.

Lo scetticismo ha due funzioni:

  • esterna, perché ti permette di smascherare il potere che costruisce racconti per legittimarsi;

  • interna, perché ti difende dai fantasmi che abitano la tua mente e che trasformano la paura in obbedienza.

La narrazione, invece, consola e semplifica: prende i dati e li trasforma in favola, con eroi e colpevoli. È utile per chi vuole comandare, perché rassicura le masse o addormenta la coscienza individuale.

Ed è qui che il titolo trova il suo senso: Orsini sfida il potere esterno, denunciando le pressioni e i condizionamenti visibili; Simeoni ci insegna a sfidare i fantasmi interiori, ricordandoci che senza scetticismo restiamo prigionieri non solo delle narrazioni degli altri, ma anche delle nostre.

Guerra e narrazione: USA e Russia

Oggi questo meccanismo è evidente nelle grandi potenze. Gli Stati Uniti e la Russia raccontano ciascuno la propria storia, ognuno dipinge l’altro come minaccia assoluta. Per i primi, la libertà è sotto assedio; per i secondi, è l’Occidente a voler cancellare identità e sovranità.

Sono narrazioni opposte, ma entrambe efficaci: funzionano perché trasformano la paura in obbedienza. E i cittadini, presi in mezzo, finiscono per credere che non ci sia alternativa alla guerra.

Qui lo scetticismo diventa vitale. Senza di esso, l’Italia rischia di essere trascinata in conflitti che non le appartengono, prigioniera delle favole scritte altrove. Con lo scetticismo, invece, possiamo smascherare l’inganno e riconoscere che il vero problema non è sempre il nemico esterno, ma spesso l’incapacità di chi governa, che preferisce alimentare paure piuttosto che assumersi responsabilità.

Un orso nei sogni: paura o maestra?

Molti raccontano sogni in cui un orso li insegue o li attacca. In quei momenti si trema, ci si blocca, non si riesce ad agire. Eppure, se dentro il sogno si trova la forza di pronunciare la frase-àncora, accade qualcosa di sorprendente: l’orso non è più solo il mostro che schiaccia, diventa una palestra del coraggio.

È come se l’inconscio ti dicesse:

“Vuoi imparare a stare in piedi? Allora affronta me. Guardami negli occhi, dimmi che non hai paura, e scoprirai che non sono io a comandare, ma tu.”

In questo senso l’orso diventa maestro, perché costringe a esercitare quella qualità extra-scientifica che nessun manuale può insegnare.

Politica, storia e vita quotidiana

Nella storia, i potenti hanno sempre usato la paura per tenere in riga le masse. Dai processi per eresia nel Medioevo, fino alle dittature del Novecento, il meccanismo è lo stesso: chi osa parlare viene colpito.

Eppure, ogni volta, qualcuno si è alzato in piedi e ha detto: “Non ho paura.”

  • Socrate, che preferì la cicuta piuttosto che rinnegare il suo modo di vivere.

  • Galileo, che pure piegato dalla Chiesa, trovò il coraggio di sussurrare “Eppur si muove.”

  • Gli studenti di Praga nel 1968, che fronteggiarono i carri armati con le mani vuote.

In tutti questi casi, il coraggio extra-scientifico ha cambiato la storia più dei dati o delle teorie.
E lo stesso Orsini, con il suo libro Il rivoluzionario benestante, ci ricorda che dietro il bisogno di apparire “migliori” c’è sempre una strategia di sopravvivenza sociale. Ma la storia dimostra che, senza coraggio reale, quelle strategie rimangono gusci vuoti.

La ragazza come orso gentile

E veniamo al caso più quotidiano: l’incontro con una persona che ci attrae. Qui non c’è un dittatore né un animale feroce. C’è solo il battito del cuore, il timore di essere rifiutati, il rischio di sentirsi piccoli.

Eppure la dinamica è la stessa. Dire dentro di sé “Non ho paura di te” non significa sfidarla, ma liberarsi dal bisogno del suo giudizio. Non è più lei a decidere il tuo valore: sei tu a radicarti nel tuo essere.

Dalla parola al silenzio

Attenzione, però: la frase di Orsini è un punto di partenza, non di arrivo.
Le parole sono utili perché fanno da àncora: ti ricordano che sei vivo, che non sei preda. Ma il passo successivo è più radicale: sospendere il dialogo interno, come suggerisce la tradizione della Stregoneria di Simeoni ne Il Crogiolo dello Stregone.

Quando non hai più bisogno di dire “non ho paura”, ma semplicemente stai in piedi in silenzio, allora sei davvero libero.

Rifletti: un’unica lezione per tutti i contesti

Che sia un politico che ti attacca, un orso nei sogni o una ragazza che ti mette in soggezione, il messaggio è lo stesso:

  • prima usa la parola per radicarti,

  • poi impara a stare saldo anche senza parole.

Il coraggio extra-scientifico non si misura in dati o formule, ma nella capacità di non lasciarsi piegare, di restare in piedi quando sarebbe più facile inginocchiarsi.

Ed è forse questa la lezione più importante che possiamo imparare, non solo dagli storici o dai filosofi, ma perfino dai nostri sogni:
“Non ho paura di te. Io sono qui.”

“Chi impara a dire ‘non ho paura di te’ agli orsi della vita, scopre che la vera libertà è restare in piedi anche nel silenzio.”

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