Educare è Raccontare: Ribaltare le Narrazioni Dominanti

L’Educazione Socio-Emotiva e le Narrazioni che Modellano la Società

“Ogni generazione eredita un racconto: o lo ripete, o trova il coraggio di capovolgerlo.”

Autoritarismo, narcisismo e la sfida di capovolgere gli stili educativi dominanti

L’educazione, in tutte le epoche, non è mai stata un fatto neutro. Non lo era quando le famiglie contadine tramandavano la disciplina del lavoro ai figli già a otto anni, non lo era nelle scuole gesuitiche, e non lo è oggi nelle nostre società digitalizzate. Ogni forma di educazione racconta una narrazione dominante: stabilisce chi deve obbedire, chi deve eccellere, cosa conta davvero nella vita.

Nel campo dell’educazione socio-emotiva, due stili estremi — l’educazione autoritaria e l’educazione narcisistica — rappresentano, in forme diverse, il rischio di ridurre l’individuo a un prodotto di modelli rigidi. Analizzarli significa capire non solo i singoli destini personali, ma anche il modo in cui intere generazioni costruiscono, o distruggono, la qualità delle loro relazioni sociali.

Educazione Autoritaria: il regno della disciplina cieca

Caratteristiche di Una Educazione Autoritaria

L’educazione autoritaria è quella che più si riconosce nei manuali di psicologia dello sviluppo, a partire dagli studi di Diana Baumrind, che ne ha individuato i tratti distintivi. È fatta di regole inflessibili, obbedienza assoluta, punizioni esemplari.

Un padre che dice:

“Ho visto che hai preso un 8 in matematica. Non è abbastanza. Nella mia casa solo l’eccellenza è accettabile.”

non sta parlando soltanto a suo figlio. Sta trasmettendo un intero modello culturale: la convinzione che l’errore sia inaccettabile, che la persona valga solo se raggiunge standard quasi irraggiungibili.

Effetti sul singolo

  • Paura dell’errore: ogni inciampo diventa una macchia indelebile.

  • Obbedienza senza senso critico: il bambino esegue, ma non comprende.

  • Autostima fragile: anche l’8, che per altri sarebbe motivo di orgoglio, diventa insufficiente.

  • Ansia e timidezza: il terrore di sbagliare paralizza la creatività.

Il punto più drammatico, però, è la ciclicità dell’autoritarismo: chi cresce in un clima così rigido spesso ripete lo schema con i propri figli. È una narrazione familiare che si tramanda, come se fosse naturale.

Educazione Narcisistica: il regno dell’io assoluto

Caratteristiche di Una Educazione Narcisistica

All’estremo opposto, troviamo l’educazione narcisistica. In questo modello, i genitori non impongono regole ferree, ma collocano il figlio su un piedistallo. È il bambino “più speciale di tutti”, quello che merita tutto senza mai confrontarsi con i limiti.

Una madre che ripete:

“Guarda tutti questi regali, sono per te perché sei il migliore. Nessuno è speciale come te.”

non sta lodando, sta costruendo un castello fragile fatto di illusioni.

Effetti sul singolo

  • Senso di superiorità artificiale: l’idea che il mondo debba piegarsi al proprio io.

  • Mancanza di empatia: l’altro diventa irrilevante.

  • Dipendenza dal riconoscimento: senza applausi esterni, il bambino non sa più chi è.

  • Relazioni superficiali: legami basati sul vantaggio personale.

  • Difficoltà con le critiche: ogni osservazione diventa una minaccia.

Come mostrano gli studi di Jean Twenge e Keith Campbell, il rischio è quello di formare individui apparentemente sicuri, ma in realtà dipendenti da conferme continue e incapaci di sostenere un confronto autentico.

Due estremi che si somigliano

Autoritarismo e narcisismo sembrano opposti, ma condividono una radice comune: negano al bambino la possibilità di diventare se stesso. Nel primo caso, l’individuo è schiacciato dalla legge paterna; nel secondo, è prigioniero di un mito di grandezza che non tollera fragilità.

In entrambi i casi, la società paga un prezzo altissimo. L’educazione autoritaria produce generazioni obbedienti, utili ai regimi e alle gerarchie rigide. L’educazione narcisistica produce generazioni fragili, ego-centrate, incapaci di cooperare. Sono due facce della stessa medaglia: entrambe bloccano la crescita socio-emotiva equilibrata.

“Educare non significa imporre o illudere, ma dare strumenti per vivere liberi dalle narrazioni dominanti.”

Ribaltare le narrazioni educative

La storia ci insegna che le narrazioni dominanti non sono immutabili: possono essere capovolte. L’educazione, come la politica, vive di paradigmi. Nel Medioevo, educare significava insegnare a pregare e a obbedire. Nell’Ottocento, significava preparare cittadini disciplinati per l’industria e per la nazione. Nel Novecento, le grandi pedagogie riformiste (da Montessori a Dewey) hanno provato a scardinare quei modelli, proponendo centralità del bambino e apprendimento esperienziale.

Oggi ci troviamo davanti alla stessa sfida: ribaltare una narrazione educativa che oscilla tra l’autoritarismo e il narcisismo, senza mai trovare un equilibrio.

Educazione equilibrata: tra disciplina ed empatia

Qual è allora l’alternativa? Non certo un “centro” tiepido, ma, come afferma Patrizia Gaspari, nel suo libro "contro-narrazioni" una educazione consapevole che sappia unire:

  • Disciplina come strumento, non come punizione.

  • Empatia come metodo, non come debolezza.

  • Autonomia e responsabilità, non sudditanza o grandiosità.

In questo senso, l’educazione socio-emotiva diventa una sfida politica e culturale. Non si tratta solo di come un genitore parla al figlio, ma di come una nazione intera forma le sue generazioni future.

Rifletti: il coraggio di un nuovo racconto

Se ci fermiamo a guardare, vediamo che dietro ogni stile educativo si nasconde una narrazione: “il mondo è duro, devi obbedire” oppure “il mondo ti deve tutto, sei speciale”. Due racconti che sembrano diversi ma finiscono entrambi col limitare la libertà interiore.

Il compito che ci aspetta è allora quello di capovolgere questi racconti, di inventarne uno nuovo: un’educazione che riconosca la fragilità e la forza, che premi la curiosità più che la paura, che valorizzi la cooperazione più che l’ego.

Solo così potremo costruire non individui “perfetti” o “speciali”, ma persone autentiche e consapevoli, capaci di vivere in una società dove l’autorità non opprime e il narcisismo non illude.

“Ogni educazione è una narrazione. Ma solo scegliendo quale storia raccontare, possiamo davvero cambiare il futuro.”

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