Quando il pensiero viene escluso

Quando Smetti di Pensare Prima di Combattere

Questo articolo prende spunto dalle analisi di Alessandro Orsini sviluppate nel libro
Casa Bianca-Italia. La corruzione dell’informazione di uno Stato satellite.

Perché il vero problema non è la guerra, ma il modo in cui viene pensata

Quando Alessandro Orsini parla di guerra, Ucraina e politica internazionale, molti credono che stia semplicemente esprimendo un’opinione o prendendo posizione in un conflitto.

In realtà, se si ascolta il suo discorso con attenzione, emerge qualcosa di molto diverso.

Orsini non sta “commentando la guerra”.
Sta smontando un modo di pensare.

Non sta dicendo: «Abbiamo perso una guerra».
Sta dicendo: «Abbiamo smesso di pensare prima ancora di combatterla».

Capire questa differenza è essenziale per comprendere il senso delle sue parole.

Il problema non è politico, è cognitivo

Il punto di partenza di Orsini non è ideologico.
Non riguarda chi ha ragione o torto, né da che parte stare.

La domanda che pone è più semplice e più scomoda:

che tipo di pensiero guida le decisioni politiche?

Secondo Orsini, nel caso della guerra in Ucraina non siamo di fronte a un errore tattico o a una strategia andata male, ma a qualcosa di più profondo:
un difetto nel modo stesso di ragionare.

Un pensiero che procede per slogan, non per scenari.
Che agisce senza includere le conseguenze.
Che decide senza contemplare alternative.

Questa chiave di lettura è centrale nel lavoro di Orsini e viene approfondita in
Casa Bianca-Italia. La corruzione dell’informazione di uno Stato satellite.

Agire senza considerare la reazione dell’altro

Uno dei punti centrali del ragionamento di Orsini è elementare, quasi banale:

non puoi valutare un’azione senza considerare la reazione dell’avversario.

Eppure, proprio questo passaggio — fondamentale in qualunque disciplina seria — viene sistematicamente rimosso. Molte analisi occidentali, secondo Orsini, hanno seguito questo schema:

  • facciamo questo contro la Russia

  • aumentiamo le armi

  • superiamo determinate linee rosse

Senza porsi davvero la domanda decisiva: e poi l’altra parte come reagisce? Ignorare questa domanda non è coraggio. È pensiero amputato.

Quando una domanda semplice manda in crisi il potere

Per capire cosa intende Orsini, basta osservare un episodio concreto. Durante una trasmissione televisiva, un giornalista pone a un importante esponente politico una domanda elementare, di quelle che in politica dovrebbero essere la norma:

«Se questa strategia fallisce, avete un piano B?»

La domanda non è provocatoria.
Non chiede di vincere la guerra.
Chiede semplicemente se esiste un’alternativa nel caso in cui il piano principale non funzioni.

La risposta, però, non è una spiegazione.
Non è nemmeno una risposta evasiva.

È una reazione nervosa e irritata.

Il politico non risponde nel merito, ma ribalta la domanda sul giornalista, chiedendogli di indicare lui una soluzione. Questo dettaglio è cruciale.

L’episodio citato è ricostruito e contestualizzato da Orsini nel libro
Casa Bianca-Italia. La corruzione dell’informazione di uno Stato satellite.

Perché quella reazione è gravissima

Qui Orsini non sta giudicando il carattere di una persona.
Sta leggendo un segnale molto preciso.

Quando una domanda tocca un punto che non è mai stato pensato,
quando un’ipotesi non esiste nella mappa mentale,
la mente non può rispondere con argomentazioni.

Può solo reagire emotivamente.

La rabbia, in questo caso, non è forza.
È il sintomo di un vuoto.

Il vero problema non è che il piano possa fallire.
Ogni piano può fallire.

Il problema è che il fallimento non era stato nemmeno contemplato.

Il fallimento come possibilità proibita

Secondo Orsini, questa è la vera anomalia...
non esisteva:

  • un piano alternativo

  • una strategia di uscita

  • una riflessione sulle conseguenze

Esisteva una sola linea da sostenere, senza deviazioni ammesse.

In questo schema, chi fa domande non viene ascoltato.
Viene visto come un intralcio.

Il dissenso non è integrato.
Viene respinto.

L’evidenza empirica

A questo punto Orsini non discute più in astratto.
Guarda i fatti.

  • l’Ucraina è devastata

  • territori strategici sono persi

  • la popolazione è stata massacrata

  • l’Europa è politicamente marginalizzata

Questi non sono scenari ipotetici.
Sono dati reali.

Ed è su questi dati che Orsini fonda la sua conclusione: quel modo di pensare ha prodotto esattamente ciò che lui aveva previsto. Non una sconfitta imprevista, ma una catastrofe annunciata.

Il quadro complessivo di questo modo di pensare e delle sue conseguenze è analizzato da Orsini in Casa Bianca-Italia. La corruzione dell’informazione di uno Stato satellite.

Cosa sta davvero dicendo Orsini

Arrivati qui, il senso del discorso è chiaro. Orsini non sta:

  • difendendo qualcuno

  • accusando per ideologia

  • facendo propaganda

Sta mostrando qualcosa di molto più scomodo: il collasso del pensiero critico nelle classi dirigenti.  Un pensiero incapace di:

  • dubitare

  • prevedere

  • costruire alternative

  • reggere una domanda reale

La frase che riassume tutto

Per questo la sintesi più onesta del suo pensiero è questa:

Orsini non sta dicendo: “Abbiamo perso una guerra”.
Sta dicendo: “Abbiamo smesso di pensare prima di combatterla”.

Ed è una diagnosi che va oltre la guerra.

Perché quando il pensiero viene spento,
qualsiasi sistema — politico, economico, culturale — diventa pericoloso.

«Controbattere non significa scegliere una parte,
ma riattivare il pensiero dove è stato escluso.
Perché senza dubbio non esiste strategia,
e senza alternative non esiste responsabilità.»

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