La radice emotiva dell’atto di dominio!
Come la religione, secondo Simeoni e Marx, trasforma la libertà dell’uomo in obbedienza interiore
Ci sono testi che non si leggono: si attraversano.
L’“Introduzione per la critica della filosofia del diritto di Hegel” di Karl Marx è uno di questi.
Da quel saggio — troppo spesso ridotto alla frase abusata «la religione è l’oppio dei popoli» — nasce un pensiero che, se compreso fino in fondo, scuote le fondamenta del modo in cui l’uomo percepisce se stesso, il potere e la propria libertà.
Claudio Simeoni, filosofo e pensatore della Religione Pagana, ha letto Marx non come un economista o un ideologo, ma come un analista dell’animo umano.
Per lui, Marx non critica solo la religione come istituzione, ma svela un meccanismo psicologico profondo: l’atto di dominio.
Un processo invisibile che trasforma la vita, la passione e la libertà dell’uomo in sottomissione emotiva.
Quanto del tuo pensiero appartiene ancora a chi ti ha insegnato a obbedire?
Marx e la religione come mondo capovolto
Quando Marx scrive che “la religione è il sospiro della creatura oppressa, lo spirito di una condizione senza spirito”, non sta semplicemente dicendo che la fede è una menzogna.
Sta descrivendo un mondo in cui l’uomo ha perso se stesso e, non trovando più senso nella realtà, lo proietta in un “cielo illusorio”.
Là dove non riesce a essere libero nella vita concreta, egli inventa un Dio al quale obbedire.
È una fuga, ma anche un atto di autoconservazione: la religione, per Marx, è un riflesso di una società che ha già perso la propria umanità.
Eppure, Simeoni osserva qualcosa di ancora più radicale.
Lui scrive che “la religione non è solo un prodotto dell’uomo, ma uno strumento che lo plasma fin dalla primissima infanzia per costringerlo a fagocitare la sua stessa visione del mondo.”
Significa che la religione non è solo un pensiero, ma una forma di addestramento emotivo: un modo di insegnare all’uomo a percepire se stesso come subordinato.
In altre parole: non è la religione a nascere dalla schiavitù. È la schiavitù a rinascere dentro la religione.
È possibile ribellarsi al potere che vive dentro di noi?
L’atto di dominio: la schiavitù che parla con la tua voce
Per Simeoni, l’“atto di dominio” è ogni forma con cui un potere — politico, religioso o simbolico — riesce a trasformarsi in autorità interna.
Non comanda più con la forza, ma con la convinzione.
È l’effetto più profondo della manipolazione emotiva: far credere all’uomo che la propria sottomissione sia giusta, necessaria o addirittura morale.
È il passaggio che Marx descrive quando analizza Lutero:
“Lutero vinse la servitù per devozione mettendo al suo posto la servitù per convinzione.”
Ecco il cuore del dominio: la convinzione.
L’uomo che si crede libero mentre ripete ciò che un’autorità ha inciso nel suo inconscio.
L’individuo che, pur non credendo più in Dio, continua a vivere con un “prete interiore”, una voce che giudica, che comanda, che decide cosa è bene o male in suo nome.
Simeoni lo chiama auto-ricatto dell’inconscio:
un meccanismo per cui l’uomo teme di disobbedire non a Dio, ma alla rappresentazione emotiva del potere che il cristianesimo gli ha imposto da secoli.
Il dominio che inizia nell’infanzia
Secondo Simeoni, il dominio religioso non si costruisce nei templi, ma nelle case.
È nella prima infanzia che l’uomo impara a sottomettersi: prima all’autorità dei genitori, poi alla scuola, alla morale, allo Stato.
Il bambino non distingue l’autorità che lo protegge da quella che lo imprigiona.
E così, crescendo, confonde l’amore con l’obbedienza, la fiducia con la paura.
Quando Marx dice che “l’uomo è il mondo dell’uomo: Stato, società”, sta già dicendo che la religione non è qualcosa di esterno, ma una forma di organizzazione della coscienza.
Simeoni porta questa intuizione fino all’estremo:
l’uomo, dice, “è stato educato a pensarsi come uno schiavo, a credere che la sua forza appartenga a un Dio che la controlla.”
Ed è così che nasce il vero atto di dominio: quando la paura si traveste da virtù, e la sottomissione da fede.
Chi parla quando dici “non si fa”? Tu o il tuo antico padrone interiore?
La scienza scopre, la religione manipola
Una delle riflessioni più lucide di Simeoni riguarda la differenza fra scienza e religione.
La scienza, dice, “non determina la vita, ma scopre i meccanismi della vita.”
La religione monoteista, invece, cerca di gestirli.
Vuole impadronirsi dei processi vitali, emotivi e psichici che rendono l’uomo vivo, e usarli per garantirsi il controllo.
In questo senso, Simeoni vede la religione cristiana come una forma di biopolitica emotiva:
una tecnologia antica che agisce sulle emozioni per regolare la condotta.
Un dominio che non ha bisogno di catene visibili, perché le ha già messe dentro le persone.
E qui Marx e Simeoni si incontrano perfettamente:
entrambi vedono la religione come il meccanismo simbolico del potere.
Solo che Marx ne denuncia la logica sociale, mentre Simeoni ne svela la radice biologica ed emotiva.
Liberarsi dal dominio: tornare al sole reale
Nella celebre frase di Marx:
“La religione è soltanto il sole illusorio che si muove intorno all’uomo, fino a che questi non si muove intorno a se stesso.”
Simeoni trova la chiave per una nuova spiritualità:
non quella dell’obbedienza, ma quella della presenza.
Quando l’uomo torna a muoversi intorno a se stesso — cioè intorno al proprio corpo, alle proprie emozioni, alla propria volontà — allora si libera dal dominio.
La libertà non è un’idea astratta.
È un’esperienza fisiologica: la capacità di sentire, scegliere, respirare e agire senza che una voce interna dica “non devi”.
“L’uomo deve costruire la propria religione in funzione di sé stesso. È sé stesso che deve ergersi a sole della propria esistenza.”
Ecco il senso più alto della critica marxiana reinterpretata alla luce della Religione Pagana:
non distruggere la religione, ma ricondurla alla vita.
Non negare il sacro, ma spostarlo dal cielo all’esperienza reale dell’uomo.
Pensare contro il dominio: una pratica vitale
Per entrambi — Marx e Simeoni — la libertà non è solo un diritto: è un lavoro quotidiano.
Un atto di critica, di indignazione, ma anche di coraggio nel sentire.
Marx la chiama “la critica come arma”; Simeoni la chiama “il corpo come coscienza vivente”.
Nel primo caso, la mente che denuncia.
Nel secondo, il corpo che si risveglia.
Ma l’obiettivo è lo stesso: rompere il legame invisibile che trasforma l’uomo in strumento di poteri che vivono della sua paura.
Per questo, potremmo dire che la vera religione dell’uomo libero — quella che Simeoni auspica — non è una dottrina, ma una pratica di presenza.
È la consapevolezza che ogni volta che ci inchiniamo davanti a un’autorità che ci chiede di negare la nostra vita, stiamo ripetendo lo stesso atto di dominio che Marx denunciava e che Simeoni smaschera nel profondo dell’inconscio.
“L’uomo deve tornare a muoversi intorno al proprio sole reale.”
Non più intorno a un Dio, né a una paura, né a un potere.
Ma intorno a se stesso, come centro vivo del proprio universo.
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