Siamo Davvero Inferiori o Siamo Assenti da Noi Stessi?
Non è tanto la differenza oggettiva (l’altezza, l’età, la giovinezza degli altri), ma il modo in cui quella differenza ci fa sentire “piccoli”. La vita è piena di contesti che ci fanno sentire più “bassi”, più “piccoli” o meno “adeguati”, ma la chiave non è crescere di dieci centimetri o tornare indietro di vent’anni: è imparare a stare in presenza di sé, indipendentemente dal contesto.
L’illusione del confronto
Ci sono contesti che amplificano la nostra percezione di “inadeguatezza”: un locale pieno di giovani, una sala con persone più alte, più belle o più sicure. In quei momenti nasce una sensazione sottile: “qui valiamo meno”. Ma non è mai l’altro a renderci piccoli. È l’attimo in cui smettiamo di abitare noi stessi.
La società ci ha addestrati a misurarci su scale che non ci appartengono: centimetri, anni, status, numeri. Sono stampelle dell’ego collettivo che, invece di sorreggerci, ci svuotano.
Restare fuori dalla propria casa interiore
Molti parlano di “accettarsi così come si è”. Ma questo è solo un compromesso con la rassegnazione.
Se restiamo fuori dalla nostra casa interiore, non sappiamo chi siamo. Le convinzioni altrui entrano come ladri e ci dicono: “Tu sei questo”. Noi, senza difese, lo ripetiamo a pappagallo, come se fosse verità.
E allora diventiamo eco di parole che non sono mai state nostre. Una statura, un’età, un giudizio esterno: ecco il soffitto che crolla, le pareti scrostate, il tetto che perde.
Tornare ad abitarsi
Abitare sé stessi significa prendersi cura della propria casa interiore.
Significa entrare, guardare i muri, sistemare i mobili, ricostruire il tetto. Non è un gesto simbolico, è un atto concreto: ritrovare radici nel proprio corpo, nei propri pensieri, nel proprio volere.
Chi abita se stesso non si limita ad accettarsi: si trasforma.
Perché la presenza non è mai statica, è un continuo ricostruire. È il contrario della rassegnazione: è la libertà di diventare altro, di crescere dentro fino a che nessun metro esterno può più misurarti.
Il presente come ponte
Il passato ci insegna che ci siamo già sentiti “meno” altre volte.
Il presente ci mostra che quella piccolezza è un’illusione fragile.
Il futuro, se scegliamo di abitare la nostra casa interiore, ci permetterà di non essere più catturati da paragoni sterili.
Ogni giorno è un ponte: possiamo attraversarlo come ospiti distratti, o come architetti che ricostruiscono la propria dimora interiore.
La vera grandezza
La vera statura non è corporea. È una postura dell’anima.
C’è chi entra in una stanza e senza dire una parola occupa lo spazio più di chiunque altro. Non perché sia alto o giovane, ma perché è radicato. Non perché si accetta com’è, ma perché ha imparato a vivere dentro di sé, non fuori.
La lezione non è accontentarsi, ma abitarsi.
Perché chi non abita se stesso non ha mai conosciuto la propria grandezza.
“La vera rivoluzione non è guardare fuori, ma costruire dentro. Solo allora il mondo smette di farti sentire piccolo.”
Un libro da portare con sé
Per approfondire questo cammino di presenza interiore, vale la pena leggere L’utilità dell’inutile di Nuccio Ordine. Non è un manuale di auto-aiuto, ma un atto di ribellione culturale: ci ricorda che ciò che sembra “inutile” agli occhi del mondo (curare il proprio spirito, abitare se stessi, coltivare il pensiero) è in realtà la risorsa più potente.
“Il passato ci ha già mostrato mille volte come ci siamo ridotti davanti a confronti inutili. Il presente ci chiede di smascherarli. Il futuro dipende da quanto saremo capaci di abitare noi stessi, senza più lasciarci catturare da illusioni ottiche interiori.”
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