Io Non Mi Siedo Dove Vuoi Tu
Le Cubiste, le PR da copertina, le bariste della Domenica,
le scroccone del passaggio eterno…
Chi Vuole Gestire la Mia Vita Ha Già Perso la Sua.
Quelle che ti sorridono solo quando hanno bisogno.
Quelle che ti accarezzano la spalla solo per farsi offrire un drink,
e poi ti ignorano come fossi l’appendiabiti del locale.
Io non sono contro di loro.
Io ci sto in mezzo. Le guardo. Le ascolto. Respiro la stessa musica.
E quando scelgo, lo faccio io.
Perché la mia presenza, anche lì, è un atto sacro.
Sono contro chi vuole impedirmi di esprimermi.
Contro chi pretende di dirmi con chi parlare, dove sedermi,
quanto desiderare e quanto trattenere.
Sono contro chi sente il bisogno meschino di organizzarmi la vita,
come se il mio caos fosse un problema da gestire,
come se il mio desiderio avesse bisogno di un permesso.
Contro chi tenta — anche solo con lo sguardo —
di spezzare il filo del mio intento,
di piegare i miei sogni alle loro agende grigie e immobili.
Perché io, quando provo a costruire qualcosa,
non sto solo montando idee.
Sto trasformando emozioni in materia viva.
Sto tentando di reggere il peso e la vertigine dell’esistere,
in mezzo a chi si muove come se nulla valesse davvero.
Come se la bellezza fosse solo da esibire e non da attraversare.
Sono contro chi si arroga il diritto di planare sulle coscienze,
come se le emozioni degli altri fossero loro territorio di caccia,
come se il mio sentire fosse un oggetto da spostare a piacimento.
Contro chi svuota le cose,
le persone,
gli atti — anche i più piccoli —
fino a ridurli a gusci spenti,
simboli decorativi su un altare che non riconosco.
Ma io no.
Io cammino dentro questo mondo con il fuoco acceso.
Io non mi siedo dove mi dicono.
Io non smetto di costruire, anche se mi guardi con sufficienza.
Perché vedo valore dove tu vedi solo scena.
Perché io, le cose che tu chiami “morte”,
le vivo. Le respiro. Le nutro. Le accendo.
Quelle che tu chiami “inutili”, solo perché non sai farle germogliare,
solo perché non contengono la tua noia, il tuo vuoto, il tuo nulla camuffato da normalità,
io le custodisco. Le espando. Le onoro.
Perché tu, che ti credi vivo, sei solo un corpo che respira senza uno scopo.
Uno che non crea, non sente, non fa spazio a niente.
Un contenitore di niente che giudica chi trabocca.