Il Contraccolpo di Consapevolezza: Quando il Corpo Risponde alle Immagini
“E se il dolore non fosse solo da subire, ma un invito del corpo a riscrivere l’immagine che abbiamo di noi stessi?”
Una favola che parla di noi
Nella storia delle culture umane, l’uomo ha sempre cercato di capire come affrontare il dolore, la sofferenza, il fastidio del corpo.
Alcuni hanno scelto la via della chiusura, altri la via dell’apertura.
Gli antichi li chiamavano yin e yang: due poli opposti, due strade diverse per trasformare la stessa esperienza.
E non serve andare lontano o perdersi in testi sacri per capirlo. Basta una piccola favola quotidiana.
Immaginate un uomo che, nel cuore della notte, non riesce a dormire. Non ha un sassolino da togliere dal sandalo, non c’è una soluzione pratica immediata. C’è solo un corpo che punge: un prurito, una tensione, un pensiero che morde.
A quel punto, l’uomo può scegliere due strade.
Yin: la via del silenzio
Se sceglie lo yin, chiude i sensi.
Si immagina di diventare pietra, una statua immobile.
Spegne vista, udito, tatto, respiro. Si lascia andare a un vuoto silenzioso in cui il fastidio si allontana, come se non fosse più suo.
Il dolore non scompare perché “non c’è più”, ma perché non ha più un corpo vivo a cui aggrapparsi. L’uomo si è fatto pietra, e la pietra non sente.
Questa è la logica dello yin: ritiro, chiusura, immobilità.
È la scelta di chi dissolve il sintomo spegnendo il mondo.
Yang: la via dell’intensità
Se invece sceglie lo yang, fa l’opposto.
Non chiude, ma apre. Non spegne i sensi, ma li accende.
Immagina qualcosa di potente, più forte del fastidio.
Può essere la corsa sul prato, il vento che lo investe, il calore del sole sulla pelle. Può essere un ricordo erotico che incendia i sensi, un momento di vittoria che lo riempie di orgoglio, o un abbraccio che scioglie ogni tensione.
Più l’immagine è intensa, più il corpo la segue.
Il prurito si ridimensiona, il dolore smette di essere il centro della scena.
Questa è la logica dello yang: espansione, vitalità, energia.
Non dissolvi il sintomo, lo sovrascrivi con un’esperienza più viva.
Il corpo non è mai neutro
E qui sta la lezione più importante: il corpo non è mai neutro.
Risponde sempre all’immagine che gli proiettiamo addosso.
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Se pensi: “sono fragile, sto peggiorando”, il corpo amplifica il sintomo.
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Se pensi: “sono forte, vitale, desiderato”, il corpo ridimensiona il sintomo.
È come se ci dicesse:
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“Se mi pensi fragile → amplifico.”
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“Se mi pensi forte → ridimensiono.”
Il corpo riconosce la differenza tra un fatto reale e un’immagine mentale. Ma davanti a entrambe può attivare le stesse reazioni: sudore, battito che accelera, muscoli che si tendono o che si rilassano.
La mente dice "è solo un pensiero", ma il corpo non ha il manuale di istruzioni su cosa deve fare con quel pensiero: reagisce e basta. Ecco perché una paura immaginata può bloccarci come una paura reale, ed ecco perché un’immagine positiva può sciogliere un sintomo come se fosse successo davvero.
Una questione di immagini
Molti credono che la consapevolezza sia confermare ciò che già siamo: “Io sono fatto così, punto.”
Ma la verità è un’altra: la consapevolezza è il coraggio di smontare l’immagine che ci chiude e sostituirla con un’altra più grande.
Ogni sintomo, ogni pensiero negativo, è come una piccola gabbia che ci dice: “questo sei tu.”
Eppure, non è così: non siamo quella gabbia, siamo la forza che può smontarla.
Per questo la pratica del contraccolpo è così potente: non importa quale immagine usi, conta che sia più coinvolgente di quella che ti chiude.
Può essere erotica, fisica, simbolica, affettiva.
Conta solo l’intensità.
Yin e Yang: due vie, una stessa lezione
Potremmo pensare che yin e yang siano opposti inconciliabili. In realtà, sono strumenti complementari.
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Lo yin dissolve il dolore nel silenzio.
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Lo yang lo sovrascrive con una forza più viva.
Uno funziona come passività che calma, l’altro come attività che accende.
Due facce della stessa verità: la mente e il corpo non subiscono, ma rispondono a come li pensiamo.
Una favola che diventa pratica
Torniamo al nostro uomo che non dormiva.
Quella notte non ha imparato una tecnica orientale né una formula magica. Ha solo scoperto che il suo corpo è un attore che recita il copione che gli viene consegnato.
- Se il copione è chiuso, recita chiusura.
- Se il copione è aperto, recita apertura.
Il contraccolpo di consapevolezza è il momento in cui ti accorgi di avere in mano la penna per riscrivere la scena.
Rifletti
La favola dello yin e dello yang ci dice questo: non siamo spettatori passivi del nostro corpo. Ogni volta che sentiamo un dolore, un prurito, una tensione, in realtà stiamo raccontando a noi stessi una storia.
Possiamo scegliere se spegnerla (yin), o se sovrascriverla (yang).
Il punto è che, in entrambi i casi, la consapevolezza non è astratta: è un gesto quotidiano, un atto pratico, una decisione che cambia il corpo nel presente.
E allora, vedete, alla fine non c’è nulla di misterioso:
sei tu a scrivere l’immagine che il corpo seguirà.
“Conta di più sopportare un sintomo o scoprire che siamo noi a scegliere l’immagine che il corpo seguirà?”
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