Quel Bambino Guarda il Missile. E Nessuno Gli Dice la Verità!
In un mondo dove i leader parlano di sicurezza mentre uccidono scienziati, chi spiega al bambino che ha appena visto partire una guerra?
C’è un bambino. Sta lì, piantato in mezzo al disastro — tra ciò che resta di una scuola e un tempio ridotto in croce. Non parla. Non urla. Non ha nessuno da chiamare. Davanti a lui, un missile sguaina il cielo come un coltello caldo nella carne viva. Il rumore arriva dopo, come la coscienza nei colpevoli.
Lui guarda.
Non piange. Non fugge.
Non ha ancora imparato la paura — ma ha già capito il privilegio del potere: o lanci, o subisci.
Oggi Israele ha colpito l’Iran. Non è una notizia, è un’abitudine. Hanno colpito — dicono — per “sicurezza”, e intanto muoiono generali, scienziati, civili.
Gli Stati Uniti tacciono.
L’Europa si mette il preservativo della cautela diplomatica.
E il mondo applaude in silenzio, perché indignarsi senza profitto non va più di moda.
Nessuno dice al bambino che questa è una guerra preventiva —
una guerra che si racconta come “necessaria” perché è già stata decisa come spettacolo.
Nessuno gli dice che anche la guerra ha i suoi registi, le sue luci, la sua regia d’effetti.
E che gli uccisi — quei nomi che non verranno mai letti nei TG — erano esseri umani. Non “obiettivi”. Non “minacce”.
Il bambino resta. E impara.
Impara che le bombe parlano tutte la stessa lingua.
Che la morte non è democratica: è sponsorizzata.
Che l’indignazione si compra a peso di convenienza, e che il silenzio ha spesso il timbro di un alleato.
Nessun dio parla. Nessuno ha mai parlato.
Sono solo uomini — in divisa o in cravatta — che disegnano il cielo a loro misura.
Sono loro a decidere chi vale una commemorazione e chi merita solo una buca nella sabbia.
La giustizia si dà appuntamento nei talk show.
La pietà si svende a pacchi da sei nei summit sul clima.
E la guerra, quella vera, non ha santi né diavoli: ha solo registi.
E in mezzo a tutto questo, la scena non si muove:
Un bambino guarda.
Un missile parte.
E il mondo gira la testa, come se niente lo riguardasse.