Essere Cielo Anche Dove Tutti Fingono

Essere Cielo sopra le Nuvole

Come restare interi anche dove tutto spinge a farti diventare qualcun altro

Non siamo ciò che pensiamo. Siamo ciò che osserva, da sempre, ogni nuvola passare.
Ogni nuvola è un pensiero.
Ma noi siamo il cielo che li lascia andare.

E se ogni pensiero fosse una moda, un locale, una serata, un selfie?
Una nuvola, appunto. Passeggera, finta importante, pretenziosa come solo il nulla sa essere.
Ma se sei cielo – e lo sei – puoi osservarla, comprenderla, e poi lasciarla andare.

La vera sfida non è evitare i locali, le apparenze, le tentazioni del teatrino sociale.
La vera gara è restare cielo anche mentre sei dentro la nuvola.

Sii cielo mentre attorno recitano.
Sii cielo mentre ti vorrebbero tappeto.
Sii cielo quando sei l’unico a non postare nulla perché stai vivendo tutto.

Chi ha una vita piena fuori da quei contesti, ci entra per seminare.
Non per giudicare,
non per sentirsi migliore,
e nemmeno per raccogliere conferme.

È questa la sottile differenza che separa chi vive da chi si racconta di vivere.

C’è chi va nei locali per prendere:
fame d’attenzione, di riconoscimento, di validazione.
C’è chi va per lasciare:
per dire addio a una versione di sé che non riconosce più.
E c’è chi ci va per dare:
per seminare, per vedere se, in mezzo al plastico e all’ego,
riesce a far nascere una scintilla.
Una verità.
Un gesto autentico.

Il cielo non ha bisogno di urlare per esistere.
Non ha bisogno di like.
Non cerca la luce: è la luce.
È lì, anche quando nessuno guarda.

Molti frequentano certi ambienti solo per disprezzarli.
Si sentono superiori,
ma sono prigionieri della propria superiorità malcelata.
Come chi si mette una maschera per dire agli altri di aver smesso di portarne.

Ma chi ha davvero smesso, non ha bisogno di dirlo.
È semplicemente nudo, e intero.

Io non entro in certi locali per sentirmi migliore.
Ci entro per allenarmi a non diventare peggiore.
Per vedere se riesco a restare integro in mezzo al rumore.

Il mio allenamento silenzioso è tutto lì:
osservare le mie reazioni,
ascoltare le paure,
notare i compromessi sottili.
Per questo i locali sono anche la mia palestra.

E se riesco a seminare qualcosa ,
tra chi recita,
tra chi compra,
tra chi finge...

Allora so che quella luce è mia.
Non rubata.
Non riflessa.
Mia.

La città luccica,
la musica pulsa,
le risate esplodono al momento giusto.
Ma guarda bene negli occhi.
Spesso non c’è nessuno.
C’è una sete inconfessata,
una noia travestita da euforia.
E tu lo sai.
Lo vedi.

Perché se davvero la tua vita è piena fuori da lì,
non ci vai per contare bottiglie o fare il broncio.
Ci vai per lasciare una traccia,
un odore,
uno sguardo sincero.

Questa è la rivoluzione più silenziosa e potente:
non farsi comprare dal contesto.
Non cedere al compromesso mascherato da allegria.
Non cedere all’autoassoluzione passiva del “Tanto lo so già com’è...”

La vera libertà non è non entrarci.
La vera libertà è uscirne senza essere cambiato.
O meglio:
essere cambiato solo da te.

Quindi, la domanda da porsi è...

Quando entro in quei posti, cosa sto cercando davvero?
Una prova?
Una conferma?
O la possibilità di non mentirmi più?

Il cielo non combatte le nuvole.
Le guarda. Le lascia passare.
E ogni tanto, quando serve,
fa anche piovere.

Ma non dimentica mai chi è.

E tu, chi sei in mezzo a tutto questo?

Controbattere. Oltre il Pensare.