NESSUNO ASCOLTA DAVVERO: VIVIAMO NEL TEMPO DELL'INTERRUZIONE
C'era un tempo, diceva qualcuno, in cui bastava iniziare una frase perché l'altro si fermasse ad ascoltarla fino alla fine. Non oggi. Oggi, dopo tre parole, l'interlocutore ti interrompe, convinto di sapere già cosa stavi per dire. Poi parla. Parla tanto. Ma non capisce nulla di quello che avresti voluto dire davvero. E il punto è che, se ci pensiamo, agiamo tutti così. Nessuno escluso. Persino chi si lamenta di non essere ascoltato.
Viviamo immersi in un tempo che sembra frammentarsi nel rumore, nella fretta, nell'ansia di intervenire prima di essere dimenticati. Ma cosa stiamo realmente perdendo?
Nel suo libro L'ordine del tempo, Carlo Rovelli ci accompagna in un viaggio straordinario dentro i concetti che daremmo per scontati. Una delle sue rivelazioni più disarmanti riguarda proprio il tempo: non esiste un solo tempo, ma infiniti tempi locali. Ogni orologio ha il suo ritmo, ogni corpo la sua misura, ogni essere umano il suo battito personale.
Se ciò è vero in fisica, lo è anche nella comunicazione. Pensiamo alla conversazione: anche qui, ognuno ha il proprio tempo interno. Ma nessuno lo rispetta. Parliamo l'uno sopra l'altro, convinti che il tempo sia unico e nostro, come se ci spettasse per diritto naturale.
Il problema è più profondo della semplice maleducazione. È una distorsione di percezione. Quando qualcuno inizia a parlare, scatta in noi un meccanismo d'urgenza: anticipare, sovrapporre, interpretare prima ancora che l'altro abbia finito. Così, ci sentiamo intelligenti, svegli, pronti. Ma in realtà siamo solo prigionieri della nostra ansia di controllo.
Rovelli, con la calma di chi ha osservato per anni i movimenti invisibili dell'universo, ci sussurra una verità che fa quasi male: ciò che percepiamo come scorrere uniforme del tempo è un'illusione. Il tempo si sgretola, si frammenta in una miriade di tempi propri, e nessuno è più vero dell'altro.
Allora, perché ci comportiamo come se il nostro punto di vista fosse quello giusto? Perché crediamo di capire prima ancora di aver ascoltato?
Il fisico Ludwig Boltzmann, nel tentare di afferrare la natura del tempo, ha introdotto il concetto di entropia: tutto tende al disordine, ogni sistema evolve verso stati sempre più probabili, più caotici. Ma attenzione: secondo Boltzmann, questa tendenza al disordine non è intrinseca alla realtà, ma nasce dal modo in cui noi la osserviamo.
In altre parole, è la nostra visione "sfocata" che ci fa percepire una direzione nel tempo. È la nostra incapacità di distinguere ogni singolo dettaglio che costruisce l'illusione di un ordine perduto. Tradotto: ci illudiamo di capire gli altri perché non vediamo davvero chi sono. Li osserviamo con una lente appannata. E proprio per questo, li fraintendiamo.
La conversazione moderna è l'esempio perfetto di questa entropia relazionale. Ogni dialogo inizia in uno stato potenzialmente ordinato, ma finisce quasi sempre in una confusione crescente. Perché? Perché nessuno ascolta con attenzione. Nessuno sospende il proprio giudizio. Nessuno lascia spazio al tempo dell'altro.
Così ci troviamo ad annuire a metà frase, a rispondere prima che la domanda sia posta, a collezionare parole come si collezionano punti su una tessera fedeltà: più ne dici, più ti senti importante.
Eppure, chi ascolta davvero, lo sa: c'è più potere nel silenzio che in mille parole. C'è più amore nell'attesa che nell'eloquenza. C'è più verità nella sospensione del giudizio che nell'opinione sparata d'istinto.
Non è solo questione di stile, ma di sostanza. Se ci comportiamo come se ogni conversazione fosse una gara di velocità, se misuriamo la nostra intelligenza in base a quanto riusciamo ad anticipare l'altro, stiamo semplicemente costruendo un mondo dove il significato si perde prima ancora di nascere.
In un passaggio magnifico del suo libro, Rovelli ci ricorda che il tempo è forse più un effetto della nostra prospettiva che una realtà oggettiva. Ecco: anche l'ascolto lo è. Non è una tecnica. È una disposizione. Un atto di umiltà. L'accettazione che l'altro potrebbe dirti qualcosa che non hai mai pensato.
Ma questo richiede tempo. Tempo vero. Tempo dedicato. Tempo senza l'ossessione di intervenire subito.
Oggi tutti parlano. Ma pochissimi capiscono. E ancora meno ascoltano.
E forse, come suggeriva Rovelli con elegante sobrietà, il mistero del tempo non riguarda il cosmo, ma ci riguarda molto più da vicino: riguarda chi siamo. E quanto spazio lasciamo, nel nostro tempo, a ciò che non ci somiglia, a ciò che non possiamo controllare, a ciò che richiede silenzio per essere compreso.
Perché – come nella fisica, come nell'amore, come in ogni arte sottile – non è vero che chi tace acconsente. Ma solo chi tace, ascolta davvero.
---
✦ Nota: Questo sito contiene link affiliati, il che significa che in caso di acquisto di qualcuno dei libri segnalati riceveremo una piccola commissione (che a te non costerà nulla): un piccolo contributo per sostenere questo sito e la realizzazione di questo progetto. Grazie per il sostegno!
---