Trono di Scarti

Il Salario della Vergogna: Quando Paghi una Merda, Ottieni Merda

Pagare un essere umano come fosse un avanzo di catena di montaggio non è economia, è pornografia sociale. Ma non quella bella, liberatoria, dionisiaca. No. Quella mesta, opaca, da retrobottega illuminato al neon dove le uniche fantasie sono quelle del padrone che si eccita a vedere la disperazione trasformata in curriculum.

È semplice, crudo, organico: se paghi con briciole, ti ritrovi un esercito di piccioni che cagano sul senso stesso del lavoro. E no, non sto parlando di operai fannulloni o segretarie svogliate: sto parlando di un sistema che ti insegna a umiliarti e a ringraziare pure per l’umiliazione.

Ma si sa, oggi l’imprenditore medio non vuole lavoratori, vuole soprammobili funzionanti, carini da vedere, muti da ascoltare e soprattutto usa e getta, come una mutanda sintetica indossata per far colpo a una cena con l’assessore. E tanto vale anche per lo Stato: silente, complice, putrido come un confessionale in piena estate.

La dignità non si fa a saldo

Non si costruisce un'opera con le mani di chi ha fame mentre tu fai il pieno al SUV e ti lecchi i baffi per un budget rispettato. Non si parla di eccellenza, se intanto paghi i tuoi lavoratori meno di quanto spendi per la brandina del cane. È questa l’Italia del merito? Dove il merito è sopportare la mediocrità del datore di lavoro?

Siamo una società che non premia il talento, ma la capacità di obbedire senza fiatare. E così si premia l’apatia, si nutre il disprezzo, si coltiva l’arte raffinata dell’arrangiarsi, che altro non è che la sofisticazione della rinuncia.

L’anello più debole? No, quello più schiacciato

Parliamoci chiaro: un manager che pensa di risparmiare sul personale è come un chirurgo che per non consumare il bisturi, opera a pugni. Ma la cosa tragica è che nessuno lo ferma. Anzi, lo premiano pure, lo chiamano "virtuoso", "ottimizzatore", "innovatore". E intanto, in quella stessa azienda, c’è chi stringe i denti per non mollare, per non impazzire, per non esplodere a fine turno. Per non morire, sì, perché oggi il lavoro non nobilita: sterilizza, sfibra, deruba.

Il salario minimo? No, il rispetto massimo

Non c’è niente di più blasfemo che far finta che tutto questo sia normale. Il lavoro pagato poco non è solo un problema economico, è un attentato morale alla possibilità stessa di vivere con dignità. È la bestemmia laica di un’epoca che ha sostituito la giustizia con la performance, l’etica con il KPI.

Vuoi lavoratori eccellenti? Allora smetti di trattarli come criceti da cronometria. Vuoi fedeltà? Smettila di assumere con contratti a ore. Vuoi responsabilità? Allora assumi la tua: quella di essere il primo a non essere un idiota travestito da imprenditore.

Praticamente...

Se vuoi mediocrità, paga poco, prometti tanto, e chiudi gli occhi. Ma se per caso – dico per caso – vuoi persone che credano in ciò che fanno, che costruiscano, che ci mettano l’anima... allora smetti di trattarle come spazzatura salariale e comincia a pagarle come esseri umani completi. Altrimenti non lamentarti se un giorno – invece del curriculum – ti lasciano sulla scrivania la copia del loro esaurimento.

E che sia chiaro: quando tratti la gente come merda, non sorprenderti se un giorno ti crolla addosso tutto il tuo impero profumato al marketing.