Riflesso Infranto

Chi Sei Tu, Senza lo Sguardo che Ti Ignora?

Una riflessione tagliente su desiderio, aspettative e il bisogno di essere scelti da chi non ci ha mai veramente guardati.

Ci sono storie che si ripetono, sempre uguali, ma ogni volta sembrano nuove a chi le vive.
Questa è la storia di un ragazzo come tanti, e della sua ossessione per una ragazza che non lo considera come lui vorrebbe.

Ma è anche la storia di uno specchio, di un giro che non esiste, e di una domanda che non riguarda l’altra persona, ma noi stessi.

È uno di quegli amici che, quando lo incontri, ti si siede accanto come se dovesse confidarti una tragedia greca.
E invece ti racconta — sempre con lo stesso tono, lo stesso sguardo implorante — che lei non gli scrive più, che quando la incrocia non lo guarda, che forse è colpa sua, ma forse no, forse lei è solo “strana”.
E giù con le interpretazioni. Le analisi. Gli screenshot. Il bollettino del nulla.

Tu lo ascolti. Lo capisci. Perché ci sei passato anche tu.
Ma poi succede qualcosa.
Quel giorno, davanti al suo sfogo settimanale, decidi di porgli una domanda diversa.
Una di quelle domande che non perdonano:

“Ma lei… chi conosce di importante che ti può far entrare nel giro?”

Ti guarda come se avessi bestemmiato.
Non capisce.
Perché non capisce che quella domanda non era per lei, era per lui.

Perché, a ben vedere, conosce solo lei.
E già questo gli basta per farne il centro del suo piccolo universo di lamentele.

Il Giro che Non Esiste

Il “giro” di cui parla non è un luogo reale.
Non è fatto di persone, occasioni, contatti.
È un’ossessione circolare, un labirinto interiore, dove il Minotauro ha le sembianze del suo stesso bisogno di essere scelto.

E sai, se ti fermassi un attimo a leggere La verità, vi prego, sull’amore di W. H. Auden — che è un inno lucido e spietato a quanto l’amore possa essere goffo, imperfetto, e mai all’altezza delle proiezioni che ci creiamo — capiresti che non sei stato rifiutato da lei, ma da un’idea troppo perfetta per essere reale.

Non è lei che ti tiene fuori.
Sei tu che hai costruito un castello mentale dove puoi essere sempre la vittima
, senza mai prenderti la colpa di aver costruito tu le mura.

Non vuoi davvero entrare nel mondo di lei.
Vuoi che sia lei a farti entrare nel tuo.
Vuoi che ti riconosca.
Vuoi che ti faccia sentire importante.

Ma lei non può — e forse, più onestamente, non vuole.

Chi sei, davvero, oltre il riflesso?

E allora la domanda si ribalta, si arrotola, ti si stampa in faccia come uno schiaffo:

Chi sei tu, oltre il riflesso che cerchi nei suoi occhi distratti?

E a questo punto, rileggila bene —
perché è lì che ti sei perso, nel non capirla la prima volta:

“Caro mio, ti ostini a volere da lei ciò che nemmeno tu sai darti, e ti lamenti che non ti considera come vorresti. Ma dimmi: chi conosci tu, davvero? Solo lei, dici, e già questo ti basta per farne il centro del tuo piccolo universo di lamentele. Eppure, non ti accorgi che il giro in cui vuoi entrare non è il suo, ma il tuo, quello stretto e monotono delle tue aspettative. Lei non ti deve nulla: né attenzioni, né porte aperte, né tantomeno la chiave di un club esclusivo che esiste solo nella tua testa. La domanda che ti ho fatto, vedi, non era per lei, ma per te: chi sei tu, oltre il riflesso che cerchi nei suoi occhi distratti? Se la risposta è "nessuno", allora è da lì che dovresti cominciare a controbattere, non da lei.”

Sì, questa era la vera domanda.
Ma hai fatto finta di non sentirla, perché ti costringeva a rispondere con qualcosa di più vero di un lamento.

L’Amore come Proiezione

Il problema è che non ti sei innamorato di lei.
Ti sei innamorato di come ti volevi sentire grazie a lei.
Ti sei innamorato di una possibilità, di un’identità in prestito.
Di un premio che lei non ti ha mai promesso.

Ma tu hai costruito tutto: l’altare, l’offerta, il sacrificio.
E poi ti sei offeso perché non è venuta alla tua mensa.

E proprio qui torna utile rileggere W. H. Auden, che con feroce delicatezza ti ricorderebbe che l’amore vero non arriva mai nei tempi giusti, né con le forme che vogliamo.
Non è quell’attimo perfetto dove tutto ha senso, ma quell’istante disordinato dove accetti che l’altro non ti deve nulla, e tu non devi più elemosinare attenzione.

La Svolta: Controbattere Te Stesso

Vuoi davvero cambiare qualcosa?
Allora smettila di chiedere agli altri ciò che non sai darti da solo.
Smettila di pensare che ogni mancanza sia colpa di chi non ti ama, di chi non ti guarda, di chi non ti apre la porta.

Perché non è lei che deve farti entrare.
Sei tu che devi costruire l’uscita.

Uscire da questo bisogno di essere legittimato.
Uscire dalla posizione del bisognoso.
Uscire dal ruolo di comparsa nel tuo stesso film.

… Perché in fondo…

La vera controbattuta non è mai contro l’altro.
È contro il personaggio che ti sei cucito addosso pur di piacere a chi non ti vuole.
E il giorno in cui smetterai di vivere per essere guardato,
comincerai a essere davvero visto —
da te.

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